di Teresa Maddonni

Preoccupazione e attimi di terrore a Parigi quando Adan Lofti Djaziri, trentunenne schedato con la lettera ‘S’ degli individui radicalizzati, ieri si è andato a schiantare con la sua Renault Megane contro un furgone della Gendarmeria di pattuglia sugli Champs-Elysées. Il giovane terrorista possedeva un regolare porto d’armi rilasciato dalle autorità francesi ed era armato con bombole a gas, due pistole, un kalashnikov e migliaia di munizioni. Il premier Edouard Philippe ha affermato che “nessuno può essere soddisfatto se qualcuno che era schedato poteva continuare a beneficiare di un porto d’armi”.

Forte l’indignazione della leader del Front National, Marine Le Pen, “Non solo lasciano a piede libero chi è schedato ‘S’, ma in più viene riconosciuto loro il porto d’armi… sono pazzi o cosa?”. Le autorità stanno però cercando di placare le polemiche e una fonte citata da Le Monde sostiene che “se nel febbraio scorso hanno riconfermato il porto d’armi al ragazzo radicalizzato era solo per non insospettirlo. Una classica tecnica di intelligence che ha l’obiettivo di facilitare la sorveglianza dell’interessato e del suo ambiente”. Peccato però che tutto questo ha rischiato di causare un’altra strage nel cuore turistico della capitale francese.

Gli agenti hanno posto in stato di fermo quattro familiari del terrorista: la moglie, il fratello, la cognata e il padre. Nel suo domicilio è stato rinvenuto tutto l’occorrente per fabbricare una bomba e una lettera nella quale il 31enne aveva prestato giuramento all’Isis. Nell’auto di Adan Lofti Djaziri, tra l’altro, c’erano novemila munizioni, oltre che le due bombole a gas, il fucile d’assalto e le due pistole. Sequestrati anche il computer e due cellulari. L’uomo era schedato per radicalizzazione dal 2015; nel settembre 2014 le autorità tunisine avevano diramato un mandato d’arresto per fatti di terrorismo risalenti al 2013.

Inoltre, risultava tra i codice ‘J’ di Interpol: ciò significa che alle autorità transalpine era stato chiesto di non fermarlo ma di sorvegliarlo in modo discreto, avvisando i servizi tunisini che lo cercavano da tempo. Negli ultimi anni, in Francia, si era tranquillamente rivolto alla prefettura per dichiarare di essere in possesso di nove armi e si è visto rinnovare senza problemi il porto d’armi nel febbraio scorso. Elemento questo che ha infiammato l’opinione pubblica, rendendo il clima di queste ore ancora più teso e incandescente.

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