“Whirlpool non licenzierà nessuno e, anzi, riporterà in Italia parte della sua produzione che aveva spostato in Polonia. Questo è il frutto di una lunga contrattazione che siamo riusciti a chiudere al ministero dello Sviluppo Economico. Sono quindi orgoglioso di dire che ce l’abbiamo fatta: stiamo riportando lavoro in Italia!” Così in un post, del 30 ottobre 2018, Di Maio (quando occupava la poltrona al Mise) esultava per l’accordo raggiunto.

Proprio come l’abolizione della povertà o la soluzione del caso Ilva, il proclama si è rivelato propaganda spicciola. Ieri la conferma che lo stabilimento Whirlpool di Napoli chiuderà il prossimo 31 ottobre. Addio a 350 posti di lavoro. Per i lavoratori di Napoli, in piena crisi Covid, non scatterà subito il licenziamento. Ma la cassa integrazione pare alle porte.

Secondo quanto affermato dall’azienda americana: Whirlpool ha tentato la carta di produrre a Napoli lavatrici di alta gamma, le «Omnia». Ma le vendite sono calate del 70 per cento. Al contrario, in Polonia, le fabbriche Whirlpool non riescono a soddisfare gli ordini di lavastoviglie.

Durissima la presa di posizione della Fiom-Cgil: “Di fronte alla conferma della chiusura dello stabilimento di Napoli risponderemo con lo scontro sociale. I lavoratori chiedono risposte concrete al Governo. Chiediamo un intervento del Presidente del Consiglio Conte per la convocazione urgente di un incontro.

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