Il 20 settembre, oltre a votare per le regionali e le amministrative, gli italiani saranno chiamati ad accettare o meno la diminuzione di un terzo della propria rappresentanza parlamentare. Un referendum di cui si parla poco perché molto indigesto alla politica. Il taglio dei parlamentari è una battaglia ideologica del 5 Stelle, una bandierina da piazzare sulla bacheca delle cose realizzate.

Improvvisazione, dilettantismo e pressappochismo dei grilli producono pasticci ai quali poi spetta ai giudici porre rimedio. Anche in questo caso, dopo aver sbandierato il taglio della casta, non si sono resi conto delle conseguenze. La Regione Basilicata, fra le più penalizzate dalla legge sul taglio dei parlamentari, con un atto senza precedenti, ha deliberato un ricorso alla Consulta per denunciare l’incostituzionalità di una norma costituzionale, e lo ha fatto – altra novità – prima ancora che questa entri in vigore.

Un tentativo che se dovesse andare a buon fine rappresenterebbe una bella gatta da pelare. Come detto, altre regioni stanno pensando di seguire l’esempio della Basilicata, infatti, anche Trentino Alto Adige, Friuli, Liguria, Marche, Umbria, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna, specie al Senato, non eleggeranno parlamentari di tutte le opposizioni, visto il nostro sistema tripolare

La variazione percentuale del taglio degli eletti è simile ma non uguale per tutte le regioni e naturalmente non ha toccato la piccolissima Val D’Aosta che avendo già oggi un solo parlamentare non potrebbe scendere a zero. L’altra regione piccola, il Molise, perderà invece un deputato in meno sui tre che eleggeva prima, ma manterrà intatto il numero di senatori (due).

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