Le contraddizioni circa le competenze Stato-regioni in materia scolastica sono appariscenti. Un magma su cui per anni si è insistito senza trovare vera “via di uscita”, tanto che​ non c’è oggi neppure una “porta di sicurezza”, sotto il bombardamento dei ricorsi amministrativi ai tempi della pandemia. E ciò accade in materia scolastica come in altri comparti.​

Avendo constatato che il governo ha fatto davvero poco per assicurare il funzionamento della scuola in presenza – specularmente a quanto nulla​ fece a marzo scorso per il democratico funzionamento della dad – “Lanterne e grembiulini”, nel rimarcare l’incapacità di ascolto delle Istituzioni centrali e locali, che a titolo vario – quanto confuso​ – sono preposte a garantire il diritto alla istruzione e il diritto alla salute, non può che accogliere e esternare il profondo senso di disorientamento, di precarietà e di sfiducia di tanta parte del personale docente e ata, degli studenti e dei loro genitori.

Nel farlo stigmatizza​ la retorica delle scuole aperte che nei mesi estivi è stata lanciata dal ministero all’istruzione; una retorica che si è rivelata man mano per quel che è: eristica e completamente falsa. Nel giro di circa un mese dall’apertura, le scuole superiori italiane – e non solo queste, nelle zone rosse – sono andate in dad, altre in ddi, altre in presenza tra singhiozzi, sussulti e, quel che è peggio, nella sfiducia.

Tuttavia, come è noto, l’iniziativa “lanterne e grembiulini” da metà giugno aveva preso per serie le linee guida che illo tempore provenivano da Roma, nell’ossequio e nella fiducia che si devono alle Istituzioni della Repubblica. Tanto che in rete sul territorio nazionale e a livello locale,​ si è adoperata per concorrere a produrre studi mirati e proposte concretamente percorribili per il ragionevole buon esito dell’anno scolastico 2020-21, nella idea che la scuola avrebbe potuto essere un presidio contro il contagio!

Certo avrebbe potuto esserlo se i protocolli di protezione e distanziamento fossero stati rigidamente rispettati ovunque, se il sistema sanitario avesse garantito le tre t​ massicciamente e tempestivamente, se si fosse investito immediatamente​ in immissione di docenti e in ulteriori spazi da dedicare alle lezioni, se i trasporti fossero stati potenziati, se si fosse differita l’apertura a fine settembre o anche a ottobre, nel segno della cautela rispetto agli effetti dell’estate, ecc. Inutile ripetersi, lo avevamo scritto e detto mesi fa. E ci abbiamo lavorato per tutta l’estate.

La pandemia, lo sappiamo bene,​ ha semplicemente scoperchiato, esattamente come è avvenuto per la sanità: vent’anni di tagli alle risorse,​ riforme scriteriate che hanno picconato le finalità e i veri obiettivi della scuola pubblica e​ di cui NESSUNO si è preoccupato di verificarne i risultati. E tanto, tutto l’altro. Addirittura in piena emergenza sanitaria è partito il concorso straordinario per i precari. Paradossale!!! Si, ma in linea con la prassi: studenti e insegnanti allo sbaraglio, finanche sotto emergenza sanitaria.

Senza polemica, pur nella comprensione della complessità della questione, avevamo semplicemente​ sperato che proprio a causa della sars-covid ci sarebbe stato qualche “arciere” pronto a prendere bene la mira. In questo, ci siamo sbagliati: tiri-flop e troppe schiappe. Soprattutto, una totale chiusura al dialogo.

Ne riparleremo, se ne riparlerà. Nel frattempo continueremo a lavorare in tavoli mirati, oggi per il futuro prossimo e in proiezione.

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