E’ diventato oltremodo insopportabile lo smembramento di interi presidi ospedalieri pubblici in provincia di Isernia a causa di una miope visione centralistica che, alla fine, sta generando un disastro dalle proporzioni immani. Non è bastato chiudere l’ospedale di Venafro e depotenziare fino allo spasimo quello di Agnone: ora è il turno dell’ospedale “Veneziale” di Isernia e più precisamente della Stroke Unit del reparto di Neurofisiopatologia.

E per quest’ennesimo “scippo” (perché di questo si tratta) la frittata è ormai fatta se, come prevederebbe il nuovo POS 2019-2021, nemmeno Campobasso riuscirà ad ottenere una centro di 2° livello (CSC Comprehensive Stroke Center) ma resterà semplicemente un centro di 1° livello (PSC Primary Stroke Center). Anche perché presso il “Cardarelli” non è presente una unità di “neurologia interventistica” che è invece operativa, ad esempio, presso l’ospedale “Rummo” di Benevento.

Ma il trasferimento della Stroke Unit di Isernia presso il “Cardarelli” di Campobasso lascia immediatamente spazio ad innumerevoli disagi in capo esclusivamente ai pazienti del reparto che non sanno ancora come e dove continuare a seguire le terapie a cui sono sottoposti: si pensi alle terapie anticoagulanti o antiepilettiche che alcuni stanno effettuando presso il reparto di Isernia. Giova ricordare, a tal proposito, che il reparto di NFP dell’ospedale pentro è l’unico nel Molise ad effettuare la terapia “trombolitica” per i pazienti colpiti da ictus, oltre a trattare sia i casi di deficit neurologico ischemico sia emorragico.

Ma da oggi in poi come verranno gestite le emergenze per tali patologie? Nessuno lo sa e a rischiare la vita saranno ancora una volta quelli che vivono ai confini dell’impero… Presso il Pronto Soccorso di Isernia non sappiamo se sarà disponibile un neurologo e se presso tale presidio ci sia personale formato per operare con il sistema di “teleconsulto”, altra operazione costata centinaia di migliaia di euro e che rischia di diventare l’ennesimo sperpero di denaro.

Resta, altresì, da evidenziare che con questa operazione viene allontanato un reparto, operativo per la gestione degli ictus, dal più vicino centro neurochirurgico che attualmente si trova presso il Neuromed di Pozzilli. In buona sostanza, appare chiaro che la scelta di creare una rete ospedaliera “Hub e Spoke” non pare si stia rivelando un successo, alla luce delle probabili nuove indicazioni del POS 2019-2021, al quale (oltretutto) nessuno ha potuto fornire un contributo costruttivo se non quelli che hanno avuto accesso alle segrete stanze che affacciano sul Tevere o meglio ancora sul torrente Rava.

A questo punto dobbiamo soltanto augurarci che “non ci scappi il morto” (come invece accaduto altrove) perché la situazione è davvero drammatica: qui parliamo di “terapie tempo-dipendenti” e non di esami o interventi che possono essere programmati nel tempo. E a tal proposito, rileviamo che (diversamente da altre situazioni meno critiche di questa) quasi nessuno dei molti Comitati per la Salute ha sollevato polveroni o innalzato barricate per cercare, quantomeno, di evidenziare i danni che tale scelta rischia di provocare sul territorio.

E se la stessa Italian Stroke Organization afferma che “È stato dimostrato che la mortalità, il rischio di emorragie intracraniche e le disabilità permanenti diminuiscono in maniera significativa ogni 15 minuti giocati in anticipo sull’ictus” è ovvio che la scelta di smantellare il reparto di NFP dell’ospedale Veneziale rischia di creare non pochi problemi per la gestione di tale patologia.

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