di Christian Ciarlante

Era il settembre del 2013 quando, l’ex governatore del Molise Paolo Frattura, bollò come spreco di denaro pubblico l’ipotesi che contemplava la realizzazione di un nuovo ospedale situato tra Isernia e Venafro, precisamente in territorio di Monteroduni.

Da quel lontano settembre ne è passata di acqua sotto i ponti e oggi, con il Coronavirus, la sanità pubblica molisana sta evidenziando, tutte le sue criticità più recondite. Ma non è in questo articolo che vogliamo parlare dello scempio compiuto negli anni, ai danni della nostra sanità regionale.

Tornando al presente: qual è l’obiettivo di avere un nuovo ospedale? Sicuramente, accantonare il Veneziale di Isernia così come il Santissimo Rosario di Venafro.

L’idea di costruire una nuova struttura ospedaliera, ovvero un nuovo Veneziale, non è nuova, se ne parlava già in tempi non sospetti. Andando memoria, da quando era sindaco Gabriele Melogli, senza voler dire delle inesattezze. Oggi, a distanza di un paio di lustri, e in piena pandemia, si torna a parlare di questo ambizioso progetto che potrebbe nascondere più di qualche incognita.

A quanto sembra, è stata già inviata a Roma, una bozza del progetto che avrebbe un costo previsto di 116 milioni e 78mila euro circa (somme del Recovery Fund), da realizzarsi in 5 anni.

Dunque, la Regione punterebbe alla costruzione di una struttura avveniristica, moderna, una vera eccellenza della sanità, come ha illustrato il governatore Toma in Consiglio regionale. L’ospedale F. Veneziale di Isernia, obsoleto e privo di adeguamento alle attuali norme antisismiche, sarebbe abbandonato al suo destino in attesa di decidere cosa farne.

Il nuovo ospedale, vedrebbe la luce in un futuro prossimo: con 200 posti letto per acuti, con una estensione di 80mila metri quadri ed ubicato a ridosso della Statale che collega Isernia a Venafro. Come detto si tratta di un progetto dalle grandi aspettative, ma che puo’ rivelarsi di non facile esecuzione conoscendo le dinamiche che ruotano intorno alle opere pubbliche.

Come accade spesso nei casi, come quello in oggetto, se dovesse arrivare l’ok da Roma, si aprirebbe una partita che si preannuncia ricca di incognite. E’ risaputo che gli appalti pubblici stimolano l’appetito della criminalità organizzata, pronta a fiondarsi sull’occasione propizia. Sono prevedibili potenziali e legittimi stop per i ricorsi di chi magari contesterà la scelta dell’area o perderà le gare per i lavori. Infine, i ricorsi alla magistratura potrebbero allungare i tempi di realizzazione.

Non vorremmo rivivere l’esperienza che ha portato alla costruzione dell’auditorium Unità d’Italia, un parto travagliato, di cui ancora oggi si parla. Auditorium che non risulta completato per mancanza di fondi e, non è dato sapere, se e quando sarà terminata l’opera nella sua interezza. Sui costi andrebbe aperto un capitolo a parte, ma ci limitiamo a dire che sono stati spesi circa 55 milioni di euro a fronte dei 5 previsti.

A questo punto viene da chiedersi se saranno sufficienti i 116 milioni di euro per il nuovo ‘Veneziale’. Chi vive in Molise, già conosce la risposta. Se davvero si vuole creare un nosocomio all’altezza dei tempi che corrono e, si vuole evitare la costruzione di una cattedrale nel deserto, meglio sarebbe affidarsi al “Modello Genova”. In caso contrario sappiamo, in anticipo, che tipo di scenari si prospetterebbero.

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