Il Parlamento affossa le riforme istituzionali, non taglia i costi della politica e ritarda anche il dimezzamento dei rimborsi elettorali ai partiti.

Con una melina incomprensibile si procede ad esaminare solo i Decreti-Legge del Consiglio dei Ministri volti a ridurre le tutele sociali, sopprimere i servizi pubblici, incrementare le imposte e praticare politiche di austerità che deprimono l’economia, la crescita e l’occupazione.
Il Governo accelera con i colpi d’accetta, emargina i sindacati, non dialoga con i comuni e le regioni, non ascolta le imprese e cala la mannaia su scuola, sanità e pubblico impiego dopo aver aumentato l’età pensionabile e reso più precario il lavoro con meno ammortizzatori sociali e meno coperture reddituali.

In questo gioco delle parti i sindacati minacciano giustamente lo sciopero generale e il Parlamento si limita a ratificare i provvedimenti del Governo che denuncia l’inerzia dei partiti.

A perderci sono i cittadini, i lavoratori e le fasce popolari più deboli che si ritrovano senza diritti, senza speranze e con poca fiducia verso il futuro.

A cascata nelle regioni più marginali, la fiera delle parole inutili prova a sostituire il vuoto di politica e l’assenza di soldi, di progettualità e di innovazione istituzionale.

E quindi l’esasperazione vince allo Zuccherificio tra botte, spintoni e procedure fallimentari, il Molise non riesce a predisporre un Progetto per l’Emilia Romagna, non ci sono risposte per le crisi aziendali e la classe politica è presa dalle convulsioni interne di un gruppo dirigente giurassico totalmente spiazzato dalla velocità dei cambiamenti introdotti dalla crisi.

Servirebbero 10 macro-regioni in Italia, meno province ma funzionali, tagli ai parlamentari, riduzione dei costi della politica e democratizzazione dei partiti.

Ma di queste vicende non c’è traccia!

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