di Giovanni Minicozzi
Ventuno sindaci del Basso Molise hanno inviato a Toma una richiesta di incontro (che allego in calce all’articolo) per sollecitare l’avvio della ricostruzione post terremoto ferma dal mese di agosto del 2018. “Peraltro – scrivono i primi cittadini – non è stato liquidato neanche il saldo per l’autonoma sistemazione in favore dei cittadini aventi diritto”.
Anche questa, come tante altre, è una storia di incapacità manifestata sul campo dai vertici politici di questa Regione. Una storia che vale la pena di raccontare. Nel mese di agosto del 2018 una ventina di comuni del Basso Molise colpiti dal sisma furono costretti a fronteggiare una grave emergenza con centinaia di sfollati da sistemare e diverse abitazioni dichiarate inagibili.
La gestione della fase emergenziale venne affidata alla protezione civile allora guidata dall’architetto Giuseppe Giarrusso il quale svolse il suo incarico con intelligenza riuscendo a ripristinare l’agibilità di decine di abitazioni che avevano subito lievi danni. Nel frattempo il presidente Toma scalpitava per avere la nomina a commissario per la ricostruzione, nomina che il governo non voleva concedergli. A distanza di due anni dal terremoto e precisamente nel mese di luglio del 2020 il governo decise di accontentare il presidente e lo nominò commissario per la ricostruzione.
Tre mesi dopo, ottobre 2020, Toma convocò i sindaci del cratere e annunciò urbi et orbi che era tutto pronto e che la ricostruzione poteva partire. Trascorre un altro anno, settembre 2021, lo stato di emergenza finisce e Toma riconvoca i sindaci e annuncia per la seconda volta che la ricostruzione può partire. Anzi Toma promette addirittura una anticipazione del 40/80% da versare ai terremotati per poter iniziare i lavori. Tutto ciò nonostante la mancanza di regole, senza i progetti approvati e la conseguente non quantificazione della spesa complessiva.
In realtà non solo la ricostruzione pesante non e’ mai partita ma, da quanto ci risulta, mancano ancora perfino le linee guida che la Regione deve approvare per poter iniziare la ricostruzione. Ora i sindaci minacciano di scendere in piazza e di occupare l’aula del consiglio regionale. Sarebbe ora considerati i disagi delle persone terremotate e il tempo trascorso inutilmente.