di Giovanni Minicozzi

Il famoso modello Molise, ovvero modello Toma, dopo tre anni è stato distrutto dal suo stesso inventore che è riuscito a frantumare la sua maggioranza. È accaduto ieri, per la terza volta, grazie al non voto di Gianluca Cefaratti e all’astensione del presidente del consiglio Salvatore Micone che hanno consentito di approvare la mozione del M5S e del Pd, emendata dall’ex presidente Michele Iorio, con la quale si impone al commissario Toma di cancellare il piano sanitario da lui adottato.

Un atto fondamentale che potrebbe riaprire la speranza per una sanità decente e dignitosa. Potrebbe, ma Donato Toma si è affrettato a dichiarare che il piano sanitario non si tocca. Siamo di fronte all’ennesima scorrettezza istituzionale da parte di un presidente che calpesta – con imbarazzante disinvoltura –  la decisione assunta dalla massima istituzione regionale. Un uomo solo al  comando, dunque, per il quale la democrazia e il confronto rappresentano un dettaglio inutile e dannoso.

La vicenda ha fatto emergere anche il lato oscuro di otto consiglieri regionali che hanno votato, insieme a Toma, contro la mozione delle minoranze e contro i molisani approvando, di fatto, un piano sanitario che distrugge l’assistenza e il diritto alle cure appaltandola agli ospedali delle regioni limitrofe. Si tratta dei fedelissimi che ancora difendono il “bidone vuoto” di un presidente la cui incapacità – non solo in campo sanitario –  è stata dimostrata in tante, troppe, circostanze.

Ritengo opportuno evidenziare i nominativi dei consiglieri regionali e degli assessori, complici di Donato Toma, in ordine di fedeltà assoluta: Quintino Pallante, Filomena Calenda, Vincenzo Niro, Roberto Di Baggio, Nicola Cavaliere, Vincenzo Cotugno, Andrea Di Lucente e Armandino D’Egidio anche se quest’ultimo ha gioito per l’approvazione della mozione.

In tutta sincerità penso che in  questa regione – oltre alle tante drammatiche  emergenze economiche, sociali, sanitarie e demografiche – esista una pericolosa emergenza democratica.

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