Eurispes e l’Italia di oggi: si torna a casa dai genitori, ci si sente poveri, le tasse non scendono e si vuole rimanare in Europa. Lo studio fotografa il pessimismo del Paese reale.

Più di metà degli italiani (il 54,3%) non è soddisfatto della sanità, una percentuale che al Sud supera il 70%.

In realtà il dato complessivo non ha subito particolari cambiamenti negli ultimi anni. Al Nord-Ovest prevale la soddisfazione (70,3%), che ottiene la maggioranza anche al Nord-Est (56,3%). Del tutto diversa la situazione al Centro-Sud: al Centro dal 65,9% degli intervistati si raccolgono giudizi negativi, dal 72,4% nelle Isole, mentre al Sud a bocciare il sistema è il 73,6% dei cittadini.

Il disagio più frequente riguarda le lunghe liste di attesa per visite ed esami medici (75,5%): il 53,2% ha dovuto attendere troppo per interventi chirurgici e il 48,9% indica una scarsa disponibilità del personale medico e infermieristico. Il 42,2% degli italiani denuncia strutture mediche fatiscenti, il 41,8% condizioni igieniche insoddisfacenti. Il 34,1% di quanti si sono rivolti alla sanità pubblica ha poi sperimentato a proprie spese errori medici.

E se è vero che il 50,5% del campione preferisce rivolgersi agli ospedali pubblici per cure specialistiche e interventi chirurgici (mentre il 25,7% sceglie le strutture private) lo è altrettanto che il 23,8% dichiara di non potersi permettere le cure private. Quanto alle spese, infatti, nell’ultimo anno il 31,9% dei cittadini ha rinunciato alle cure dentistiche a causa dei costi eccessivi, il 23,2% a fisioterapia-riabilitazione, il 22,6% alla prevenzione e il 17,5% ha sacrificato persino medicine e terapie.

Si sente povero circa un italiano su quattro

Solo il 12,1% afferma di non conoscere nessuno che si trovi in una condizione di indigenza. Si sprofonda nella povertà soprattutto per aver perso il lavoro (76,7%) o a seguito di una separazione/divorzio (50,6%).

Circa una persona su quattro afferma di sentirsi “abbastanza” (21,2%) e “molto” (3%) povero. L’identikit di chi denuncia la propria povertà è il seguente: single (27,1%) o monogenitore (26,8%) che vive al Sud (33,6%) ed è cassaintegrato (60%) o in cerca di nuova occupazione (58,8%).

Alla domanda “Conosce direttamente persone che definirebbe povere?” il 34,6% degli italiani risponde “alcune”, il 20,1% risponde “molte”, il 33,2% risponde “poche”, e solo il 12,1% “nessuna”.

Si sprofonda nella povertà a causa della perdita del lavoro (76,7%), a seguito di una separazione o un divorzio (50,6%), a causa di una malattia propria o di un familiare (39,4%), della dipendenza dal gioco d’azzardo (38,7%) o della perdita di un componente della famiglia (38%).

Il 77,2% degli italiani conosce persone che non arrivano alla fine del mese; il 61,5% persone che devono chiedere costantemente aiuto a parenti e amici; il 49% che non possono permettersi un posto dove abitare; il 48,2% che non hanno i mezzi per far studiare i propri figli; il 41,9% che non possono permettersi di curarsi; il 41,3% che non possono mantenere i propri figli; il 39,3% che devono rivolgersi alla Caritas e il 25% che si sono rivolte ad un usuraio per ottenere a somme altrimenti non reperibili.

Europa

Contrari a lasciarla il 48,8%. Il 29,5%, contro il 39,1%, vorrebbe un referendum modello Brexit. All’Europa gli italiani rimproverano di essere lasciati soli davanti al problema dei migranti (71,5%), le politiche spesso svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e i sacrifici economici che dobbiamo sostenere per ottemperare ai dettami europei (70,2%).

Nel 48,8% dei casi gli italiani si dicono contrari all’ipotesi di uscire dall’Europa, mentre i favorevoli sono pari al 21,5%. Elevato il dato (29,7% dei casi) di coloro che non sanno esprimersi in merito o preferiscono non farlo. L’ipotesi di un referendum per uscire dell’Unione vede prevalere il “no” con il 39,1% contro il 29,5% di “sì” e un altissimo numero di “non so” (31,4%). Un risultato molto diverso rispetto al 2015 quando alla domanda “l’Italia dovrebbe uscire dall’Euro?” il 40% dei cittadini rispondeva “sì”.

All’Europa gli italiani rimproverano il problema dei migranti, rispetto al quale si sentono lasciati soli da Bruxelles (71,5%), le politiche spesso svantaggiose che ci vengono imposte (70,8%) e i sacrifici economici che dobbiamo sostenere per ottemperare ai dettami europei (70,2%). Ma essere europei ha anche dei vantaggi: la facilità di viaggiare e spostarsi all’interno dell’Unione (86,7%), gli scambi commerciali agevolati (79,5%) e la possibilità di avere una moneta unica e stabile (75,6%).

Il 40,4% dei cittadini sostiene che l’Italia deve affermare con decisione la tutela degli interessi del Paese, troppo disposto a mettersi da parte per il “bene comune”.

La (presunta) riduzione fiscale

Le tasse non sono state abbassate (62,5%), l’abolizione di Equitalia non avrà effetti positivi (44,6%), non è stato diminuito il canone Rai (49%) né la tassa sui terreni agricoli (63,4%). La Tasi-Imu non è stata abolita (40%).

La maggior parte gli italiani (62,5%) è convinta che le tasse non siano abbassate nell’ultimo periodo.

Il 44,6% dei cittadini è sicuro che l’annunciata chiusura di Equitalia e l’eliminazione, dai calcoli del debito, degli interessi non miglioreranno la situazione per cittadini ed imprese in difficoltà economiche, mentre il 32,8% è convinto che questi interventi potranno essere risolutivi.

Sulla riduzione del canone Rai, il 51% si è detto convinto che sia stato diminuito, contro il 49% che ha risposto negativamente. Sull’abolizione della Tasi-Imu (sulla prima casa) il “sì” prevale con un rapporto di circa 60/40. Per quel che riguarda la diminuzione della tassazione sui terreni agricoli, a prevalere è il “no”, nella misura del 63,4% (contro il 36,4% di chi è convinto sia diminuita).

Il rapporto con le banche

Prestiti per comprare casa (46,8%) e pagare debiti accumulati (27,6%).

Il 28,7% delle famiglie ha avuto la necessità di chiedere un prestito bancario nel corso degli ultimi tre anni, ma nel 7,8% dei casi non lo ha ottenuto. Il motivo più frequente di richiesta del prestito è il mutuo per l’acquisto della casa (46,8%), a seguire la necessità di pagare debiti precedentemente accumulati (27,6%), il bisogno di saldare prestiti contratti con altre banche/finanziarie (17,9%), il dover affrontare spese per cerimonie (17,9%) e per cure mediche (10,9%). Infine il 2,2% ha chiesto un prestito per poter pagare le vacanze.

Consumi

Il 48,5%dei cittadini ha visto diminuita la propria capacità di spesa contro il 51,5% che non ha perso potere d’acquisto. I tagli alle spese sono più alti per i consumi superflui, mentre il ricorso ai saldi è ormai un’abitudine consolidata (80%). Rispetto all’anno scorso, si va meno nei discount (-6,2%). Si compra meno al mercato dell’usato (25,1%, -4,2%) ed online (40,4%, -3,7%), mentre sembrano diffondersi formule di baratto tramite Internet (17,8%). Aumentano i tagli sulle spese mediche (38,1%, +3,9%), sulla baby sitter (62,5%,+14,3%) si fa maggiore uso dei mezzi per risparmiare sulla benzina (47,4%, +8%).

Secondo il 51,5% degli italiani la riduzione del proprio potere di acquisto è stata nulla o poco rilevante (erano il 46,8% lo scorso anno), al contrario il 48,5% ha visto erodere la propria capacità di spesa (nel 2016, il 53,1%). Nel corso dell’anno si è comunque risparmiato su: pasti fuori casa (70,9%), estetista, parrucchiere, articoli di profumeria (66,2%), viaggi e vacanze (68,6%). Sono rimasti pressoché stabili i tagli sui regali (75,6%) e per il tempo libero (64,8%). Stabile anche il ricorso ai saldi (80,6%)

Diminuisce la quota di risparmio che incide sulle nuove tecnologie (-5 punti: dal 69,4% del 2016 al 64,4% del 2017). Si riduce il numero dei consumatori che per l’abbigliamento prediligono punti vendita più economici come grandi magazzini, mercatini e outlet (73,2%; -2,8%).

Per l’acquisto di generi alimentari, il 69,7% (+1,7%) dei consumatori cambia marca di un prodotto se più conveniente mentre il 57% si è rivolto ai discount (-6,2%). Si compra meno al mercato dell’usato (25,1%, -4,2%) e online (40,4%, -3,7%), mentre iniziano a diffondersi formule di baratto tramite Internet (17,8%).

Fa riflettere il dato su chi è stato costretto a tagliare le spese mediche (38,1%, +3,9%) insieme al maggiore utilizzo dei mezzi pubblici per risparmiare sulla benzina (47,4%, +8%). I tagli hanno colpito anche le spese dedicate agli animali domestici (32,3%, +6,4%), alla baby sitter (62,5%, +14,3%), alla donna delle pulizie/domestici (43,7%, +6,5%). Nel 36,2% dei casi si riduce anche sulla spesa per badanti.

Permangono sacche di disagio e difficoltà economiche

Quasi la metà delle famiglie non riesce a far quadrare i conti e arrivare a fine mese e solo una famiglia su quattro risparmia. Affrontare spese mediche è un problema nel 25,6% dei casi. Causa crisi, alcuni sono tornati a vivere dai genitori (13,8%), ai quali hanno chiesto aiuto economico (32,6%) o il sostegno nella cura dei figli (23%).

Il 48,3% delle famiglie non riesce ad arrivare alla fine del mese e il 44,9% per arrivarvi sono costrette a utilizzare i propri risparmi. Solo una famiglia su quattro risparmia. Le rate del mutuo per la casa sono un problema nel 28,5% dei casi, mentre per il 42,1% di chi è in affitto lo è pagare il canone. Il 25,6% delle famiglie ha inoltre difficoltà a far fronte alle spese mediche. Molti hanno dovuto mettere in atto strategie anti-crisi come tornare a casa dai genitori (13,8%), farsi aiutare da loro economicamente (32,6%) o nella cura dei figli per non dover pagare nidi privati o baby sitter (23%).

Si confermano i dati della rilevazione dello scorso anno per quanto riguarda la situazione economica del Paese e delle famiglie.

Nella maggioranza dei casi (38,1%) gli italiani esprimono un giudizio di stabilità economica per l’Italia in relazione alle prospettive per il 2017, anche se coloro che ipotizzano un peggioramento sono il 36,4% mentre il 13,8% è convinto che l’economia migliorerà.

Stabili anche i dati sulla condizione economica delle famiglie rispetto allo scorso anno. Il 14,1% definisce molto peggiorata la situazione economica familiare nell’ultimo anno e il 27,3% indica un lieve peggioramento. Per il 42,3%, invece, la situazione è rimasta sostanzialmente invariata. Ad indicare un parziale (10%) o netto (1,7%) miglioramento è circa una persona su dieci.

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