Un Paese deluso e confuso, tradito da un sistema che non riesce più a garantire crescita, stabilità, sicurezza economica e prospettive per il futuro. Questa la fotografia del 30esimo Rapporto”Italia” dell’Eurispes.

Quattro italiani su dieci arrivano a fine mese usando i risparmi e solo il 30,5% riesce a far quadrare i conti. Il 18,7% riesce a risparmiare,mentre il 29,4% ha difficoltà a pagare le utenze. Inoltre, il 23,2% ha difficoltà ad affrontare spese mediche, il 25,4% a sostenere il mutuo e il 38% a pagare l’affitto.

“Il Sistema è, e lo sarà ancora per molti anni, fragile sotto molti punti di vista. Secondo il Presidene dell’Eurispes, Gian Maria Fara. Beninteso: fragile non vuol dire debole. Anzi, l’Italia ha molte frecce nel suo arco, enormi potenzialità ma – e questo lo ripetiamo senza stancarci da anni – ha grandi difficoltà a trasformare la sua potenza in energia.

E questo deriva principalmente dalla disomogeneità della nostra classe dirigente, nel senso che essa non persegue obiettivi comuni e comunque non nello stesso tempo, non con lo stesso impegno. Anzi, nella maggior parte delle occasioni ci fa assistere a divisioni e conflitti attraverso i quali le parti in causa puntano alla sopraffazione l’una dell’altra piuttosto che a trovare l’accordo a vantaggio del bene comune. Basti osservare ciò che accade sul problema dei rifiuti a Roma o sulla vicenda dell’Ilva di Taranto per capire quale spirito di solidarietà animi la nostra classe dirigente.

Siamo in ritardo nell’ammodernamento delle nostre infrastrutture, dei trasporti, del sistema scolastico, della banda larga, dell’informatizzazione del nostro apparato burocratico-amministrativo, della tutela dell’ambiente, del territorio, e tanto altro ancora. Pesa l’ipoteca del debito pubblico che condiziona le scelte e la possibilità di impegnare le risorse necessarie per tentare di colmare questo ritardo.

La ripresa non è il frutto di uno slancio collettivo, ma della spinta e delle performances di alcuni settori che da soli possono produrre buoni risultati ma non riescono ancora a svolgere una funzione “aggregante, coinvolgente e motivante”.

Per usare una metafora militare: è come se si disponesse di coraggiosi reparti di assalto in grado di conquistare posizioni strategiche, ma le truppe necessarie a mantenere e presidiare le posizioni rimangono acquartierate in caserma.

Alcuni esempi possono aiutarci a capire meglio.

Sul piano della sicurezza l’Italia sta dimostrando grandi capacità e ciò risulta evidente da ciò che è sotto gli occhi di tutti e che, per scaramanzia, è meglio non citare espressamente. Le nostre Forze di Polizia ed i nostri Servizi di Intelligence sono considerati un’eccellenza a livello internazionale e su di essi si sono consolidati il generale apprezzamento e la fiducia dei cittadini. La Magistratura nelle sue proiezioni tradizionali ed in quelle specialistiche, come la Procura nazionale antimafia e antiterrorismo, persegue senza sosta tutte le manifestazioni mafiose sul territorio e si è dotata degli strumenti necessari per intercettare ed interpretare l’evoluzione e le mutazioni delle organizzazioni criminali sempre più proiettate verso una nuova dimensione finanziaria e internazionale.

La nuova politica dei beni culturali sta dando ottimi frutti dopo le polemiche pretestuose che hanno accompagnato le nomine di esperti, spesso stranieri, alla direzione di importanti musei. Gli ultimi dati sulla presenza nei nostri siti culturali e le entrate cresciute in maniera sensibile dimostrano come la cultura si possa ben mettere a reddito.

La filiera di produzione agro-alimentare si esprime a pieno regime e il nostro export cresce di giorno in giorno. Il Made in Italy alimentare, che peraltro aveva retto bene anche durante gli anni peggiori della crisi, continua nella sua espansione e ha conquistato la vetta delle classifiche mondiali, superando tutti i concorrenti storici.

Anche sul fronte industriale si segnalano importanti risultati e i macchinari e le tecnologie italiane si proiettano e si espandono nei nuovi mercati internazionali. Eccellenti risultati arrivano dal mercato automobilistico, dal settore della moda, che non conosce crisi, e siamo tra i primi nel comparto dei beni di lusso.

Ritornando alla metafora militare: queste, ma non solo queste, sarebbero le nostre unità speciali. Purtroppo, il resto dell’esercito ancora non si vede”.

“Il Paese – secondo il Presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara – è confuso sul piano politico e ondeggia indeciso tra conservazione e cambiamento. Tra desiderio di stabilità e spinte populiste. Tra ragionevolezza e nichilismo. Fatto sta che si confrontano due tendenze fondamentali: quella dell’etica della responsabilità e quella dell’etica della convinzione. Per semplificare e volgarizzare: l’etica della responsabilità si affida alla testa, quella della convinzione alla pancia. Tradotta in termini politici, l’etica della responsabilità impone la riflessione, il calcolo, la capacità previsionale, il confronto nel rapporto tra mezzi, fini e risultati possibili e, di conseguenza, si rappresenta con il metodo democratico nella scelta delle azioni.

L’etica della convinzione si affida ad una fede, ad una mera visione di carattere messianico-religioso, interpretata da un capo carismatico, che non può essere messa in discussione se non attraverso un’eresia, con tutte le conseguenze del caso per l’eretico.

Ovviamente, per dirla con Aron, non è che l’etica della convinzione coincida con la mancanza di responsabilità e l’etica della responsabilità con la mancanza di convinzione. Ma vi è una differenza incolmabile tra l’agire secondo la massima dell’etica della convinzione e l’agire secondo la massima dell’etica della responsabilità. Tuttavia, il rischio è che, stabilendo come fondamentale una alternativa che diviene reale solo in casi estremi, ci si espone ad un duplice rischio: dare una specie di giustificazione da una parte ai falsi realisti che scartano con disprezzo i rimproveri dei moralisti, e dall’altra ai falsi idealisti che condannano senza discriminazione tutte le politiche perché non si conformano al loro ideale e che finiscono col contribuire, coscientemente o no, alla distruzione dell’ordine esistente, a vantaggio dei rivoluzionari ciechi e dei tiranni”.

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