Solo Fanelli, Facciolla e Iorio votarono contro l’emendamento sottoscritto da Toma e Greco (5Stelle) che abrogava la surroga tra assessori e Consiglieri. La riforma della legge elettorale che fu votata in Consiglio regionale in quel 21 aprile 2020 e fu applicata retroattivamente è stata sovvertita dalla Corte di Cassazione che nella giornata odierna ha visto prevalere le ragioni di uno dei consiglieri letteralmente cacciati dalla strategia politica del governatore Toma, del suo fido consulente l’assessore Pallante e da tutti gli altri tra assessori e consiglieri in carica. Compresi gli esponenti dei cinquestelle. Tutti, in virtù della “scusa” di un risparmio dei costi della politica, hanno di fatto buttato fuori persone che erano state legittimamente elette e legittimamente ricoprivano la carica di consigliere all’interno del Consiglio regionale. Il primo a beneficiare della decisione della Corte di Cassazione è Antonio Tedeschi, eletto nel 2018 nelle fila dei Popolari dell’Italia ed oggi vicino alla linea politica di quello che è il suo legale Massimo Romano e agli stessi 5stelle.

 

Una nuova batosta per la Giunta Toma che all’epoca non volle sentire ragioni allorquando l’ex presidente Iorio, seppur appartenente alla maggioranza, si scagliò contro tale decisione avvertendo l’aula che l’applicazione retroattiva di tale modifica alla legge elettorale avrebbe comportato la soccombenza della Regione perché la legge non può che disporre per l’avvenire.

All’epoca dei fatti, per fare in modo che tale riforma passasse in aula, ricordiamo che Toma azzerò la Giunta per consentire agli assessori di tornare a ricoprire la carica di consiglieri al posto delle surroghe e partecipare così al voto del Consiglio regionale. In quella occasione il presidente del Consiglio regionale Salvatore Micone, in linea con il governo Toma all’epoca, non convocò i consiglieri surroga ritenendoli già decaduti per via dell’azzeramento di Giunta. Non potendo Toma presentarsi in aula senza un esecutivo, nominò per 15 giorni un nuovo assessore: il suo consigliere economico, all’epoca, Maurizio Tiberio.

 

 

L’unico a non impugnare gli atti del Consiglio fu Nicola Eugenio Romagnuolo che, 5 mesi dopo la sua fuori uscita da Palazzo D’Aimmo, fu nominato commissario del Nucleo industriale di Bojano. Nomina contestata dall’Anac a causa della legge sulla inconferibilità degli incarichi.

Accanto al ricorso giudiziario dei cacciati dell’aula Massimiliano Scarabeo, Antonio Tedeschi e Paola Matteo, ci fu anche il ricorso di Filoteo Di Sandro (coordinatore regionale del partito di Giorgia Meloni) che nel frattempo si vedeva penalizzato per via della nomina, come nuovo assessore, dell’eletto nelle fila di FDI Quintino Pallante.

Certamente oggi la Regione Molise dovrà restituire anche economicamente il mal tolto agli eletti che quindi dovranno percepire le indennità spettanti dal giorno della loro cacciata dal Consiglio regionale.

Secondo i rumors di palazzo,gli stessi potrebbero chiedere anche un risarcimento del danno subito ai consiglieri regionali che in quell’occasione votarono a favore dell’applicazione retroattiva di questa riforma nonostante la diffida pervenuta loro da parte dei legali. Un’applicazione retroattiva che il governo Toma applicò attraverso la cosìdetta interpretazione autentica inserita nella norma e che qualche tempo dopo il governo nazionale comunicò di voler impugnare dinanzi alla Corte Costituzionale. Toma evitò l’impugnazione assicurando al governo nazionale che avrebbe provveduto a portare in aula l’abrogazione della interpretazione autentica che però dopo due anni, ancora non è arrivata all’attenzione dell’assemblea legislativa.

Per evitare tutti questi danni alla Regione, di natura giuridica ma anche economica a danno de cittadini, il 21 aprile 2021 l’ex presidente Iorio si rese protagonista come primo firmatario, di un emendamento alla legge di stabilità 2021 in cui proponeva l’abrogazione di questa riforma e il reintegro immediato dei consiglieri surroga definendo però un risparmio per le casse della Regione. Come? Riducendo le indennità fissate per i consiglieri regionali, assicurando così il mantenimento dell’importo complessivo di spesa accertato alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

Ovviamente tale emendamento fu bocciato dagli altri consiglieri di centrodestra e dai 5stelle.

Oggi, ad occhio e croce, se la Cassazione dovesse decidere favorevolmente anche per gli altri ricorrenti (Scarabeo, Matteo e Di Sandro) la Regione dovrà rimborsare loro oltre un milione e mezzo di euro. Tanto, sono soldi dei cittadini.

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