Le persone vivono una realtà di scoraggiamento, si percepisce in loro uno stato di rassegnazione. La crisi ha colpito e sta colpendo duro, senza risparmiare nessuno. In tanti dicono “Non ne usciremo mai”. In molti pensano che le cose non cambieranno, ma addirittura potrebbero peggiorare. La malapolitica sta usando il Molise come terra di clientele, di opportunistico affarismo, di conquista; sta spolpando fino all’osso quello che rimane di una regione al capolinea.

I molisani onesti si stanno arrendendo clamorosamente senza lottare. Che fine ha fatto la buona politica? Non ce n’è più traccia! E senza una buona politica siamo rovinati. Al momento non c’è una classe dirigente in grado di incidere nelle stanze dei bottoni per rendere l’area del Molise una risorsa per tutto il Paese. Troppe le promesse non mantenute, troppo grandi le delusioni e troppe le bugie raccontate. Siamo terra di infrastrutture negate, di un sistema economico fragile, senza lavoro, abbandonati al nostro amaro destino.

Chi governa la regione vive di alibi addossando le responsabilità ad altri, facendo finta di non sapere che sono proprio loro la radice del male delle tante inefficienze. Le nostre difficoltà aumentano sempre di più: nel lavoro, nei consumi, nell’istruzione e nell’innovazione. Tante le vertenze aperte, tanti i disoccupati, tante le imprese fallite, le attività chiuse; siamo in presenza di un cataclisma. La povertà dilaga nell’indifferenza generale e stupisce il fatto che le rivolte non esplodono per denunciare un grande malessere.

I molisani preferiscono essere muti e rassegnati, preferiscono subire invece di mobilitarsi. La Sanità pubblica, un pezzo alla volta, viene fagocitata da quella privata; a breve solo pochi benestanti potranno permettersi le cure per sopravvivere. Si cancella il diritto alla salute e i molisani non fanno nulla; fermi, inermi, come se la cosa non gli interessasse.

Poche manifestazioni di protesta e poi il nulla. Il dottor Lucio Pastore combatte come un leone e ne paga le conseguenze, il Forum per la Sanità Pubblica porta avanti le sue battaglie e in cambio il presidente, Italo Testa, riceve minacce di morte. Anche Emilio Izzo lotta quotidianamente in difesa dei più deboli e di chi non ha voce. Queste persone sono forse solo dei poveri pazzi? Assolutamente NO! Sono uomini che non si rassegnano e che non si lasciano intimorire dal becero potere della cattiva politica. Non lasciamoli soli!

Nell’area del venafrano si muore per l’inquinamento dell’aria. Qualcosa si è mosso: con uno scatto di orgoglio, i cittadini hanno deciso che è ora di dire basta! Bisogna alzare la voce e farsi sentire, guai ad abbassare la guardia; si porti avanti la lotta fino allo stremo. Questi sono esempi positivi. Ma cosa deve accadere ancora per far scendere tutto il popolo molisano nelle piazze? Il Molise di oggi è una terra senza voce. Solo sui social è tutto un fiorire di nuovi rivoluzionari, di chi a parole vuole spaccare il mondo, di chi lancia strali a destra e sinistra, ma poi quando si spegne il pc, si torna ad essere i soliti pecoroni. Non c’è prospettiva, non c’è futuro. È questa la triste realtà.

Con questo governo regionale sarà impossibile risalire la china, superare qualsiasi crisi, disegnare una possibile traiettoria di sviluppo. Più i cittadini impoveriscono e più si aggrappano alle raccomandazioni e alle conoscenze, marginalizzando la meritocrazia che è l’unica strada per lo sviluppo. Il pessimismo domina e sta cancellando ogni speranza. L’indignazione dei molisani onesti non basta più. E’ ora di lottare, di credere nel riscatto, di riacquistare la voce, di tirar fuori gli attributi e avere il coraggio di difendere, con le unghie e con i denti il Molise, da una pessima politica scorpione che usa i molisani come una rana per attraversare il fiume.

La favola della rana e dello scorpione è emblematica: <<Uno scorpione chiede ad una rana di lasciarlo salire sulla sua schiena e di trasportarlo sull’altra sponda di un fiume; in un primo momento l’anfibio rifiuta, temendo di essere punta durante il tragitto, ma l’aracnide argomenta in modo convincente sull’infondatezza di tale timore: se la pungesse, infatti, anche lui cadrebbe nel fiume e, non sapendo nuotare, morirebbe insieme a lei. La rana, allora, accetta e permette allo scorpione di salirle sulla schiena, ma a metà strada la punge condannando entrambi alla morte; quando la rana chiede allo scorpione il perché del suo gesto insano, questi risponde: “È la mia natura”>>. La scelta è tra il suicidio come la rana e la rassegnazione o la lotta per non soccombere.

Non lasciamo che un momento drammatico come questo si trasformi in un’agonia che non lascia scampo. L’unione fa la forza!

Nibbio

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