Lo storico romano Marcio Porcio Catone, vissuto nel II sec. a. C., potrebbe essere stato proprietario terriero a Venafro proprio dei territori oggetto di studio da parte dell’arch. casertano Maurizio Zambardi che ha appena illustrato i risultati delle proprie ricerche presso la “Dimora Del Prete” nel centro storico venafrano.

Interessanti quindi e meritevoli di ulteriori approfondimenti gli studi del professionista originario di San Pietro Infine, che ha illustrato due propri saggi pubblicati da “Altri Itinerari”, rivista di Volturnia Edizioni. Nella circostanza hanno relazionato il prof. Giuseppe Ceraudo, docente di Topografia Antica presso il Dipartimento di Beni Culturali dell’Università del Salento, ed il citato Zambardi, autore delle ricerche. In apertura di lavori il prof. Ceraudo ha sottolineato come il professionista del casertano applichi nelle sue ricerche quelle metodologie scientifiche che sono alla base di un corretto studio del territorio e che si avvalgono dell’importante contributo delle ricognizioni sul territorio stesso.

Ha preso quindi la parola l’architetto Zambardi che, avvalendosi della proiezione di immagini e disegni sia d’epoca che attuali, ha effettuato una panoramica delle ricerche a partire dalla fine degli anni ’90 quando individuò il primo lungo tratto di mura in opera poligonale di epoca sannitica, per arrivare ai recenti studi inerenti le numerose cisterne di epoca romana sparse tra gli oliveti di Venafro. Cisterne, appartenenti ad antiche ville rustiche, che ci consentono di capire come era articolato e capillare l’insediamento rurale in epoca romana, sia nel periodo repubblicano che imperiale.

Molto interessante è risultata poi la sua ipotesi, “detta a bassa voce” come ha voluto precisare l’autore perché tutta da verificare, che il complesso dei terrazzamenti in opera poligonale della terza maniera di Madonna della Libera, in loc. Campaglione di Venafro e databile al II sec. a.C., potesse essere riconducibile in qualche maniera alla tenuta posseduta a Venafrum da Marco Porcio Catone, vissuto anch’egli nello stesso periodo.

Sappiamo, infatti, da Catone stesso che lo scrive nel suo “Liber de agri cultura”, che quegli possedeva una vasta tenuta agricola, coltivata ad oliveto, corrispondente a 260 iugeri, pari a circa 60 ettari attuali. E guarda caso, ha detto Zambardi, l’impianto extra-urbano di Madonna della Libera si trova posizionato proprio al centro di un vasto oliveto, sito nell’ampia cavea naturale che viene a generarsi tra Monte Santa Croce e Monte Corno.

Tonino Atella

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