di Christian Ciarlante

Siamo i protagonisti di un racconto scritto da Stephen King, proiettati in questo 2020 funesto iniziato nel peggiore dei modi. Neanche il maestro King, autore di letteratura fantastica, in particolare horror, avrebbe mai potuto immaginare uno scenario simile. Nei suoi racconti il finale è noto, nel nostro, ahinoi, è ancora tutto da scrivere.

In questi giorni, in tv scorrono immagini commoventi e crudeli, di uomini e donne, isolati dal mondo in una stanza di ospedale. Ed è proprio questo, uno degli aspetti più tragici: la solitudine e l’isolamento dal mondo delle vittime. Si muore nella solitudine più totale, nell’eventualità, che ci si ammali contraendo la forma più aggressiva del ceppo Covid-19.

Una sofferenza che si aggiunge altra sofferenza, un vero dramma per tutti. Morire da soli, implorando, chi ancora la forza, sconosciuti di salutare mariti, mogli, figli e nipotini. Chiusi tra le fredde mura di una stanza, attaccati al respiratore, senza nessuna persona cara ad assisterli, a tenergli la mano sussurrandogli parole d’amore o di conforto. Trapasso che più crudele non si potrebbe immaginare.

Dal momento in cui dovessimo ammalarci, potremmo non vedere mai più chi amiamo. Il personale sanitario, racconta con commozione, le storie di chi non ce l’ha fatta. Ci dicono che il paziente a tratti è lucido, non va subito in narcolessia, ma sembra intuire il momento in cui si avvicina la dipartita. E’ come annegare, ma con tutto il tempo di capirlo.

I più fortunati, prima che la loro condizione si aggravi oltremodo, riescono a dire addio con una video-chiamata, grazie a qualche medico di turno che in quel momento gli assiste. Un saluto straziante che spezza il cuore. Questa pandemia ci segnerà profondamente. Ha rivelato tutta la nostra fragilità di esseri umani, la nostra impotenza di fronte ad un microscopico killer invisibile. Dobbiamo restare uniti e dare sempre il nostro contributo, anche se piccolo a tutti quelli che stanno lavorando senza sosta per salvare vite.

Queste poche righe, digitate da una fredda tastiera, dovrebbero essere da monito e lette da chi porta il cane fuori dieci volte al giorno, da chi sedentario ortodosso improvvisamente si reinventa podista, da chi entra ed esce dal supermercato due volte al giorno, da chi va in campagna a fare scampagnate, da chi fa entrare in casa estetiste o parrucchiere abusive per rifarsi il look, da chi con la scusa del flash mob riunisce nella propria abitazione una ventina di persone, da chi non può fare a meno della passeggiata quotidiana, e potremmo continuare, ma per decenza, non andiamo oltre.

Non è semplice vivere ai domiciliari, soprattutto se si vive in appartamenti minuscoli: è dura, è psicologicamente stressante, ma la sofferenza di oggi, varrà tutta la felicità di domani.

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