Pochi giorni alla storica FESTA DI SAN NICANDRO, il partecipatissimo appuntamento patronale di metà giugno (16, 17 e 18) per celebrare i Martiri di Venafro, San Nicandro (l’Uomo della Vittoria !)- Patrono di Venafro e Protettore della Diocesi d’Isernia/Venafro -, la moglie Santa Daria ed il fratello San Marciano. 

Approssimandosi tale importante evento, appare opportuno riproporre il rilievo storico/religioso dei Martiri venafrani perché in tutti continuino ad essere vivi testimonianza, fede e ricordo delle loro azioni, delle idee messe in campo e dell’estremo sacrificio patito dai tre, magnifici antesignani del Cristianesimo a Venaphrum, importante provincia dell’Antica Roma pagana che di lì a poco avrebbe ceduto il passo sotto l’incalzare del crescente Credo popolare. 

La testimonianza scritta si svilupperà in tre puntate che verranno pubblicate su questo stesso organo d’informazione nelle seguenti date : dopo la prima puntata odierna di giovedì 8 giugno, seguirà la seconda puntata lunedì 12 giugno, mentre il terzo e conclusivo appuntamento scritto ci sarà mercoledì 14 giugno. 

Unico lo scopo dell’iniziativa : riproporre l’importanza dei Santi Martiri di Venafro, evidenziando le loro convinte e determinate azioni in vita. 

I Santi Martiri di Venafro Nicandro, Marciano e Daria nel 303 d.C., mentre a Roma regnava l’Imperatore Diocleziano, passato alla storia come ultimo grande persecutore dei cristiani, si sacrificarono in tutta convinzione per ribadire il loro nuovo credo, il Cristianesimo, che di lì a poco avrebbe soppiantato il paganesimo, decretando la fine dell’Urbe e della sua plurisecolare potenza. In ragione di tanto il popolo venafrano il 16, 17 e 18 giugno prossimi ribadirà ancora un volta le celebrazioni in onore dei Santi Martiri e i numerosi  appuntamenti civili con la consistente partecipazione popolare. Sarà bene perciò tracciare seppure in breve la storia umana e di fede dei tre protagonisti, Nicandro, Marciano e Daria, riproponendone provenienza, figure, ruoli sociali ed estremo sacrificio, unitamente ai profondi sentimenti del popolo venafrano nei loro confronti.

Nicandro e Marciano  erano ufficiali dell’esercito romano nel quale occupavano posti di rilievo con precise responsabilità ; si vuole che superiore di grado fosse Marciano, fratello maggiore. Originari della Mesia, l’odierna Bulgaria, con truppe da loro comandate vennero destinati nell’importante colonia romana della Gens Julia, Venaphrum, per riportarne gli abitanti al paganesimo essendosene allontanati per il crescente affermarsi del nuovo credo, il Cristianesimo appunto. Con Nicandro e Marciano raggiunsero Venaphrum anche le rispettive spose, Daria, moglie di Nicandro, e Aldina, moglie di Marciano, dal quale questi aveva avuto un figlio che all’epoca degli avvenimenti di seguito descritti era in tenera età. I due fratelli, che avrebbero dovuto cancellare in loco il Cristianesimo secondo gli ordini ricevuti da Roma, vennerro però a loro volta affascinati dalle innovative idee religiose e ne restarono a tal punto colpiti dal rinunciare a sacrificare agli dei pagani abbracciando in toto il Cristianesimo, nonostante gl’inviti perentori di Roma perché perseguitassero i residenti nella colonia restii a rinnegare la nuova dottrina. Daria e Aldina, seppure in maniera diversa, erano anch’esse coinvolte nelle vicende dei rispettivi mariti. In effetti Aldina ribadiva in ogni occasione piena appartenenza al paganesimo e cercava in tutti i modi di convincere il proprio sposo Marciano ad abbandonare la nuova dottrina, tornando al paganesimo. Per riuscire in tale opera si serviva della figlia in tenerissima età che continuamente proponeva al padre, ribadendo più volte al consorte l’opportunità della scelta pagana per questioni di carriera militare e quindi socio/economiche. C’erano di mezzo il futuro e la famiglia –sosteneva la coriacea e pagana Aldina- per cui conveniva a suo dire assolutamente lasciar perdere il Cristianesimo ! L’uomo però non l’ascoltava, era convinto delle proprie scelte e andava avanti deciso. Diversa la situazione familiare di Nicandro.

Con Daria non aveva figli e poteva contare sul pieno e convinto appoggio della moglie.

Questa lo sosteneva apertamente nella lotta contro il potere pagano di Roma, lo aiutava a non cedere alle lusinghe che arrivavano dall’Urbe, lo fortificava nella fede cristiana e, quando si avvicinò l’ora del patibolo, fu vicina e determinata al fianco di Nicandro perché questi affermasse il nuovo credo senza tentennamenti e con assoluto coraggio in vista del premio della beatitudine eterna. L’uomo era già convinto di sé e andava verso l’estremo sacrificio col sorriso sul volto, così come tutti i martiri cristiani dell’epoca. Nicandro e Marciano vennero condannati a morte e la loro esecuzione avvenne per decapitazione il 17 giugno del 303 d.C., mentre a Roma come detto regnava l’Imperatore Diocleziano. Opinione popolare diffusa, ed in quanto tale con valore storico, vuole che il boia abbia colpito là dove sorge oggi una Colonna in pietra sormontata da una Croce, eretta secoli dopo sul piazzale della Basilica del Santo Patrono, periferia est di Venafro, per ricordare il punto esatto del martirio. Identica idea popolare, e quindi analogo riscontro storico, accredita il loro seppellimento nella stessa zona del martirio, in quanto era lì ubicato il cimitero militare romano dell’epoca, dove appunto spettava riposassero i resti dei due fratelli essendo ufficiali dell’esercito romano dell’epoca. E in effetti i resti di Nicandro sono stati ufficialmente rinvenuti ed il suo Sarcofago custodito nella Cripta sottostante della Basilica da oltre cinque secoli affidata in custodia ai Frati Minori Cappuccini. Anche Daria venne condannata a morte per aver ribadito apertamente la fede cristiana. All’epoca però per le donne non era prevista la decapitazione, pena estrema riservata agli uomini, ed il loro martirio avveniva di regola in data successiva rispetto ai maschi e con metodi diversi. Daria comunque venne a sua volta martirizzata, ma a distanza di giorni dal marito e dal cognato e in luogo probabilmente diverso. L’attuale Urna cineraria di Santa Daria, che i venafrani venerano in punto di fede assoluta portandola in solenne processione la sera del 18 giugno di ogni anno assieme al venerato Busto argenteo del Patrono San Nicandro ed alla sua Testa/reliquario (circa i Simulacri Sacri di Venafro è da puntualizzare che la città non possiede alcunché di San Marciano, mancanza che prima o poi sarebbe comunque il caso di sanare) l’attuale Urna cineraria di Santa Daria -si diceva- contiene in effetti ossa di martiri cristiani prelevate dalle catacombe dell’antica Roma e “battezzate” quali ossa di Santa Daria, secondo leggi e rito di Santa Romana Chiesa. E tali sono oggi, senza tentennamento alcuno, per tutti i fedeli venafrani.

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