di Tonino Atella

Causa covid e le preoccupazioni connesse, per il secondo anno consecutivo Venafro suo malgrado non avrà –ormai è inevitabile, anche se il Comune aveva cercato di rimediare e promuovere in extremis gli attesissimi e storici festeggiamenti patronali di metà giugno visto l’andamento fortunatamente positivo ed incoraggiante dei dati ultimi della pandemia – per il secondo anno consecutivo purtroppo Venafro -si scriveva- non avrà i tradizionali festeggiamenti religioso/civili patronali del 16, 17 e 18 giugno in onore dei Santi Martiri della città Nicandro, il Patrono che è anche Protettore della Diocesi d’Isernia/Venafro, Marciano e Daria. Solo riti religiosi, peraltro contenuti, senza processioni e senza appuntamenti civili. L’ennesimo annullamento dell’importante e storico trittico festivo nella sua quasi interezza non è un evento secondario e di poco conto per Venafro, che mai in passato vi aveva rinunciato nonostante guerre, pestilenze e carestie nel corso dei tempi.

Ma da due anni purtroppo niente “Festa di San Nicandro”, come in loco viene definito il partecipatissimo appuntamento patronale di metà giugno. Appare perciò opportuno, approssimandosi l’importante evento di fine primavera, riproporre il rilievo storico/religioso dei Santi Martiri venafrani perché in tutti continuino ad essere vivi testimonianza, fede e ricordo. Un modo nuovo, quanto segue, per onorare degnamente i Santi Martiri di Venafro e perpetuarne la memoria, visto che in presenza ben poco avverrà.  Al riguardo il contributo del pubblicista venafrano Tonino Atella, che pubblicheremo in tre parti. Oggi spazio alla prima. “Se non fosse intervenuto dal 2020 il deprecabilissimo covid 19 -inizia il predetto autore- sarebbero stati in dirittura d’arrivo a Venafro, secondo storia e sentimento religioso locali, i riti religiosi e i festeggiamenti civili in onore dei Santi Martiri della città Nicandro, Marciano e Daria, che nel 303 d.C. ai tempi dell’Imperatore Diocleziano si sacrificarono in tutta convinzione per ribadire il loro nuovo credo, il Cristianesimo, che di lì a poco avrebbe soppiantato il paganesimo, decretando la fine di Roma e della sua plurisecolare potenza. Nel trittico patronale del 16, 17 e 18 giugno prossimi, ricordando i tempi andati, tante erano a Venafro le celebrazioni in onore dei Santi Martiri, numerosi gli appuntamenti civili e consistente la partecipazione popolare. In ragione di siffatto interesse che da sempre ha accompagnato gli eventi citati, che come detto anche per il 2021 purtroppo non si terranno, appare opportuno tracciare in breve la storia umana e di fede dei tre protagonisti, Nicandro, Marciano e Daria, riproponendone provenienza, figure, ruoli sociali ed estremo sacrificio, unitamente ai profondi sentimenti del popolo venafrano nei loro confronti.

Nicandro e Marciano  sono ufficiali dell’esercito romano nel quale occupano posti di rilievo con precise responsabilità ; si vuole che superiore di grado sia Marciano, fratello maggiore. Sono originari della Mesia, l’odierna Bulgaria, e con truppe da loro comandate vengono destinati nell’importante colonia romana della Gens Julia, Venaphrum, per riportarne gli abitanti al paganesimo essendosene allontanati per il crescente affermarsi del nuovo credo, il Cristianesimo appunto. Con Nicandro e Marciano raggiungono Venaphrum anche le rispettive spose, Daria, moglie di Nicandro, e Aldina, moglie di Marciano, dal quale questi ha avuto una figlia che all’epoca degli avvenimenti di seguito descritti è ancora in tenera età. I due fratelli, che avrebbero dovuto cancellare in loco il Cristianesimo secondo gli ordini ricevuti da Roma, vengono però a loro volta affascinati dalle innovative idee religiose e ne restano a tal punto colpiti dal rinunciare a sacrificare agli dei pagani abbracciando in toto il Cristianesimo, nonostante gl’inviti perentori di Roma perché perseguitino i residenti nella colonia restii a rinnegare la nuova dottrina. Daria e Aldina, seppure in maniera diversa, sono anch’esse coinvolte nelle vicende dei rispettivi mariti.

In effetti Aldina ribadisce in ogni occasione piena appartenenza al paganesimo e cerca in tutti i modi di convincere il proprio sposo Marciano ad abbandonare la nuova dottrina, tornando al paganesimo. Per riuscire in tale opera si serve della figlia in tenerissima età che continuamente propone al padre, ribadendo più volte al consorte l’opportunità della scelta pagana per questioni di carriera militare e quindi socio/economiche. C’é di mezzo il futuro e la famiglia -sostiene la coriacea e pagana Aldina- per cui conviene assolutamente lasciar perdere il cristianesimo! L’uomo però non l’ascolta, è convinto delle proprie scelte e va avanti deciso. Diversa la situazione familiare di Nicandro. Con Daria non ha figli e può contare sul pieno e convinto appoggio della moglie. Questa lo sostiene apertamente nella lotta contro il potere pagano di Roma, lo aiuta a non cedere alle lusinghe che arrivano dall’Urbe, lo fortifica nella fede cristiana e, quando si approssima l’ora del patibolo, è vicina e determinata al fianco di Nicandro perché questi affermi il nuovo credo senza tentennamenti e con assoluto coraggio in vista del premio della beatitudine eterna. L’uomo è già convinto di sé e va verso l’estremo sacrificio col sorriso sul volto, così come tutti i martiri cristiani dell’epoca.

Nicandro e Marciano vengono condannati a morte e la loro esecuzione avviene per decapitazione il 17 giugno del 303 d.C., mentre a Roma regna l’Imperatore Diocleziano. Opinione popolare diffusa, ed in quanto tale con valore storico, vuole che il boia abbia colpito là dove sorge oggi una Colonna in pietra sormontata da una Croce, eretta secoli dopo sul piazzale della Basilica del Santo Patrono, periferia est di Venafro, per ricordare il punto esatto del martirio. Identica idea popolare, e quindi analogo riscontro storico, accredita il loro seppellimento nella stessa zona del martirio, in quanto era lì ubicato il cimitero militare romano dell’epoca, dove appunto spettava riposassero i resti dei due fratelli in quanto ufficiali dell’esercito romano. Anche Daria viene condannata a morte per aver ribadito apertamente la fede cristiana. All’epoca però per le donne non é prevista la decapitazione, pena estrema per gli uomini, e soprattutto il loro martirio avviene di regola in data successiva rispetto ai maschi e con metodi diversi. Daria comunque é a sua volta martirizzata, ma a distanza di giorni dal marito e dal cognato”. (SEGUE)

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