di Tonino Atella

Trattasi della Cripta in Basilica col Sarcofago del Patrono San Nicandro e fors’anche coi resti mortali del fratello San Marciano, mai però portati alla luce.

Ciascuna comunità si rifà a qualcosa di concreto quale preciso punto di riferimento della propria fede religiosa. Già, di riferimento e non di partenza, affondando solitamente le idee in avvenimenti e situazioni  pregresse e tali da consolidare le mentalità e gli animi nel corso del tempo. Venafro non sfugge a tanto e anche per la collettività cittadina è possibile -pensiamo- individuare un luogo, una struttura ed avvenimenti da cui partire per parlare di idea cristiana radicata fortemente nelle mentalità di tantissimi.

Il luogo e la struttura potrebbero essere la Basilica di San Nicandro e la Cripta sottostante col Sarcofago contenente i resti mortali del Patrono San Nicandro e, sempre murati sulla destra del Sarcofago del Patrono stando ad una insegna che lo riferisce, le spoglie del fratello maggiore San Marciano, anch’egli ufficiale dell’esercito romano ai tempi dell’Imperatore Diocleziano. Entrambi, è notorio, vennero martirizzati nel 303 d.C. per le loro idee cristiane e sepolti in loco, è quanto si vuole, trovandosi in quegli stessi luoghi il cimitero militare di epoca romana, nel quale spettava che riposassero entrambi in quanto militari. Ebbene partendo da tale Cripta e dai messaggi storico/sociale/religiosi che contiene e trasmette, Cripta ristrutturata così come oggi appare poco meno di un secolo addietro grazie all’apporto dell’intero popolo venafrano d’inizio ’900, è possibile  testimoniare la radicata e convinta fede cristiana venafrana, meravigliosamente cresciuta e consolidatasi col trascorrere del tempo. Ed allora, restando idealmente in tale Cripta completamente in pietra chiara raggiunta quotidianamente da venafrani e cittadini dei Comuni limitrofi per momenti di raccoglimento e preghiera, vediamo cosa vi é conservato.

Innanzitutto, addossato alla parete e che risalta agli occhi una volta giù nella   Cripta, spicca il Sarcofago in pietra, protetto da apposita inferriata realizzata nel 1935 dal fabbro venafrano Nicola Atella su commissione di Donna Cristina Strombolo Lucenteforte che commissionò l’opera per devozione. I fedeli sono soliti toccare con mano e baciare il Sarcofago, raccogliendosi quindi in preghiera a lungo nella Cripta. Così come c’è chi vi lascia Rosari ed altri oggetti personali, a testimoniare la piena fede nel Santo che vi riposa. Al centro in alto un magnifico lampadario in ferro battuto a più luci, opera di altro artigiano venafrano, sempre in alto due lucernai in corrispondenza del sovrastante altare principale della Basilica per prendere luce ed aria, e quindi gradini di entrata ed uscita anch’essi in pietra su entrambi i lati per scendere alla Cripta o lasciarla. Appena sopra, e prima di tornare in Basilica, il pianerottolo su cui si affaccia lo storico pozzetto della Santa Manna, liquido che secondo i fedeli venafrani attesterebbe la vicinanza ed il sostegno del Patrono alla città e ai venafrani.

Santa Manna però che da tempo manca e la cosa non rallegra certo i fedeli del posto. Il 17 di ogni mese, nella ricorrenza del sacrificio del Patrono che si vuole sia stato martirizzato il 17 giugno del 303 d.C., il Frate Superiore e Guardiano di Basilica e Convento di San Nicandro cala l’apposito secchiello d’argento nel pozzo in questione per attingere e tirare su la Santa Manna da distribuire ai fedeli che la richiedono, ma da mesi il secchiello viene tirato in superficie asciutto. Al riguardo, i Frati Cappuccini invitano a pregare perché la Santa Manna ricompaia. Ecco, in sintesi, i luoghi -Basilica di San Nicandro e Cripta sottostante- da dove idealmente partire per riferire la fede religiosa di Venafro e dei Comuni limitrofi, idea magnificamente consolidatasi nel corso dei tempi mercé le convinzioni unanimi.

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