Domani 27 gennaio 2015, alle ore 16.00, presso la Villa comunale di Isernia,  il Partito della Rifondazione Comunista di Isernia e il Partito Comunista dei Lavoratori-coordinamento Molise, in occasione della commemorazione della Giornata della Memoria, depositeranno una corona di fiori ai piedi del monumento dedicato al poliziotto Giovanni Palatucci eretto in sua memoria.

 

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Giovanni Palatucci

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Brevi cenni sul significato della giornata saranno illustrati dai segretari, dai coordinatori e da chiunque voglia far sentire la propria voce su una delle più violente pagine che la storia, suo malgrado, abbia scritto

 

Giovanni Palatucci 

Controversa la figura di questo personaggio, dubbi sulla corretta ricostruzione storica  furono lanciate nel 2013 dal  Centro Primo Levi.   A seguito di questa ricerca la figura di Palatucci è stata rimossa da una esposizione al Museo dell’Olocausto di Washington e lo Yad Vashem e il Vaticano hanno iniziato a esaminare la nuova documentazione emersa.

 

Tra testimonianze a favore e contro

Inizialmente addetto all’ufficio stranieri dal 12 novembre 1937 e poi reggente della Questura di Fiume sino al 13 settembre 1944, quando fu arrestato dai tedeschi delle SS e internato il 22 ottobre successivo nel campo di concentramento di Dachau con il numero 117826, dove morì di stenti il 10 febbraio 1945, 78 giorni prima della liberazione del campo[1].

Nel 1952 lo zio vescovo Giuseppe Maria Palatucci raccontò che il nipote durante la sua permanenza a Fiume aveva salvato «numerosissimi israeliti». Da allora Giovanni Palatucci è salito agli onori sia in Israele (dove è Giusto tra le nazioni dal 1990), sia presso la Chiesa cattolica (per la quale è Servo di Dio dal 2004), sia presso la Repubblica Italiana (per la quale è Medaglia d’oro al merito civile dal 1995).

Aiuti agli ebrei e accuse di collaborazionismo

Già nel  1995 furono avanzati dubbi sulla corretta ricostruzione storica delle vicende legate alla figura di Palatucci ma maggiore clamore ha destato la ricerca condotta dal Centro Primo Levi nel 2013 che ha in parte ridimensionato i meriti attribuitigli.

Secondo lo storico Michele Scarfatti è avvenuto che «il sistema delle onoranze nei confronti di Giovanni Palatucci ha preceduto il lavoro di ricerca storica. Questo è il motivo per cui a lui sono state attribuite in modo acritico azioni che nessuno aveva mai verificato essere state compiute veramente da lui>>

Un memorandum del Ministero degli Interni del luglio 1952 aveva già escluso che Palatucci avesse compiuto un salvataggio di massa, ma nessuno fece approfondite ricerche documentali.

Stando alla ricerca del Centro Primo Levi, in base all’esame di circa 700 documenti finora inediti, Palatucci andrebbe descritto come uno zelante esecutore della deportazione di almeno 412 dei circa 500 ebrei presenti a Fiume, nel suo incarico di responsabile dell’applicazione delle leggi razziali fasciste. La sua deportazione e morte a Dachau sarebbe stata dovuta non al suo aiuto agli ebrei, ma all’aver mantenuto contatti col servizio informativo nemico, per aver passato agli inglesi i piani per l’indipendenza di Fiume.

Anche il museo Yad Vashen e la Santa Sede  hanno avviato accertamenti. L’Osservatore Romano, seppure con qualche riserva, ha ammesso che «sul caso Palatucci le ricerche storiche di prima mano sono state poche, che numeri e fatti sono stati sottoposti ad interpretazioni agiografiche. Ed è anche probabile che in seguito alle ricerche in corso i numeri andranno ridimensionati, che alcuni eventi andranno riletti»

Secondo la ricerca del 2013, la storia di Palatucci sarebbe un mito fomentato dallo zio, il vescovo Giuseppe Maria Palatucci, che nel 1952 si sarebbe servito della storia inventata per assicurare una pensione di guerra  al fratello e alla cognata, genitori di Palatucci.

Michael Day, giornalista per il quotidiano The Independent, si è chiesto come Palatucci abbia potuto aiutare più di 5.000 ebrei a fuggire da una regione in cui la popolazione ebraica era grande la metà. Anna Pizzuti, curatrice del database degli ebrei stranieri internati in Italia, ha sostenuto al Corriere della Sera che è impossibile che Palatucci abbia inviato “migliaia di ebrei […] nel campo di internamento di Campagna dove sarebbero stati protetti dal Vescovo Giuseppe Maria Palatucci”, perché “quaranta in tutto sono i fiumani internati a Campagna. Un terzo del gruppo finì ad Auschwitz”.

 

Testimonianze a favore

In favore di Palatucci nel giugno 2013 decise di testimoniare l’anziana Renata Conforty i cui genitori furono tratti in salvo proprio dal questore di Fiume. Dopo un lungo silenzio anche il Vaticano, attraverso L’Osservatore Romano ha pubblicato un lungo articolo della storica Anna Foa in cui riabilita Palatucci auspicando “che il Museo di Washington, che ha immediatamente cancellato dai suoi siti e dalle mostre il nome di Palatucci, abbia avuto accesso alla documentazione e non solo alla lunga analisi che ne fa il centro Primo Levi” e rigetta le accuse mosse dello stesso Centro che tace sulle numerose testimonianze di salvataggi individuali rilasciate dagli stessi ebrei che furono salvati e sul fatto che la mancanza di documentazione scritta è da ascrivere proprio al fatto che le operazioni attuate da Palatucci fossero necessariamente segrete. Conclude la Foa che “Ora come ora, in presenza di condanne infondate tanto definitive, ciò che è fondamentale è rispondere attraverso la documentazione a queste semplici domande: Palatucci ha o no salvato degli ebrei? Palatucci ha o no denunciato degli ebrei? Solo a queste domande ci aspettiamo che i documenti diano una risposta.”

Reporter One

 

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