di Domenico Lanciano

I loro nonni erano partiti da Agnone e, in particolare da Villacanale e dintorni (qualcuno tra le due guerre mondiali e la maggior parte dal 1945 in poi) con tanta voglia di lavorare e di farsi onore in terra straniera, spinti da povertà, spesso persino dalla miseria ma anche da divergenze sociali e politiche. Tale prima generazione di emigranti, in effetti, ha lavorato duro per produrre pomodori e altre primizie agricole nelle “green-house” (serre) molisani, specialmente a Leamington nella fredda terra canadese dell’Ontario, sul lago Erie, a 50 km dal confine USA di Detroit.

Poi la seconda generazione ha ancora di più sviluppato tali coltivazioni con tecnologie avanzate, metodi transgenici sotto la supervisione dell’Università di Chicago e di altri esperti nell’arte idroponica con le “green-house” comandate a distanza (spesso anche da casa) tramite computer, tanto da riuscire a vendere all’estero l’esperienza acquisita e prodotti d’avanguardia. Questi nostri molisani e altri italiani, nella stragrande maggioranza (90%), ma anche immigrati di varie nazionalità, hanno fatto diventare questa cittadina (portata da 10 mila a 30 mila abitanti nel giro di pochi decenni) l’opulenta “Capitale canadese del pomodoro” che esibisce con orgoglio il monumento cittadino al “tomato”.

Adesso, da qualche anno a questa parte, Leamington (come titolano pure i media canadesi e come raccontano all’Università delle Generazioni alcuni emigrati di Villacanale) si sta trasformando piano piano nella “Capitale canadese della cannabis” poiché quasi tutti i proprietari di “farm” (aziende agricole) stanno trasformando radicalmente le proprie ubertose “green-houses” da coltivazione di squisite primizie e ortaggi vari (destinati per di più ai mercati esteri) in sterminati campi di marijuana, molto più redditizia economicamente. Il pomodoro, sostengono alcuni, sarà cancellato dalla mappa di questa parte di Ontario.

Il governo canadese, in attesa di una regolamentazione della coltivazione e dell’uso di questa cannibis, da qualche anno tollera la coltivazione della marijuana, ufficialmente a fini terapeutici e farmaceutici. Ma, sembra che il 17 ottobre prossimo, dovrebbe arrivare una legislazione che (si dice) preveda la parte di cannabis destinata ai fini terapeutici e la quantità destinata alla “ricreazione” in forma più espansiva dell’attuale uso personale. Ovviamente, gli appetiti delle multinazionali si sono fatti già operativi e c’è una competizione enorme ad accaparrarsi più “farm” possibili. Ma che ruolo avrà la criminalità organizzata?

Che fine faranno i nipoti dei nostri emigrati con i proventi della lucrosa vendita dei loro numerosissimi “acri” di terreno coperto dalle serre?… C’è chi si accontenterà di fare il dipendente delle multinazionali o chi, intascati i tanti milioni di dollari canadesi, realizzerà altre imprese industriali o commerciali. Fatto sta che ormai a Leamington (come in altre zone dove avviene una simile riconversione industriale) si sta chiudendo definitivamente un’epoca, fatta di intraprendenza legata alle tradizioni del paese di origine e alla nitidezza dei rapporti umani e commerciali.

Dunque, si cambia “business”, si cambiano affari quasi in modo “transgenico” così come si cambia pelle ed etica. Così fra qualche anno, al posto del monumento al pomodoro sulla piazza principale di Leamington, si potrà ammirare il monumento alla marijuana. – Stop –

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