La guerra uccide anche quando non ammazza

Il contributo dell’ins. Rosaria Alterio di Venafro

 

Dall’ins. Rosaria Alterio di Venafro riceviamo questo significato spaccato socio/umanitario dell’ultima era bellica vissuta nel meridione della Penisola. “Tra i piedi della montagna e la lunga fila delle casette del più alto centro storico di Venafro –attacca l’ex insegnante- c’era una ripida stradina sassosa dove una mattina scendeva con passo lento e regolare un giovane soldato. La bimba che stava davanti casa, sotto il proprio pergolato proprio rasente la stradina lo guardò incuriosita : non passava nessuno all’infuori del militare ;la bimba stava ciondoloni, non aveva un giocattolo tra le mani né tantomeno un’amichetta con cui giocare. Il soldato ricambiò lo sguardo e la bimba non distolse il suo. Non si sentivano in quel momento aerei  né lamenti di sirena. Abituata poi a veder gente correre prima e durante i bombardamenti per mettersi in salvo nel grottone della montagna, quel silenzio ora, quella solitudine le sembrarono strani, irreali. In casa  c’era solo una vecchia zia che dall’interno e a bassa voce le ordinava di “non guardare” e rientrare in casa “Subito”,incalzava nervosa. La bimba imperterrita si voltava come un girasole verso il giovane che a sua volta continuava a fissarla mentre i sassolini slittavano quasi con la regolarità del suo passo sotto i suoi pesanti stivali. Poi la zia la rimproverò : “Non si fissano con insistenza le persone ! Figuriamoci poi un tedesco ! Piccola testarda !”. La bimba aveva fotografato quello sguardo nel suo subconscio e nell’età adulta ogni tanto lo rievocava per esaminarlo ; non c’era simpatia in quegli occhi chiari sotto il pesante elmo, ma nemmeno antipatia; non c’era curiosità o nostalgia per una figlioletta lasciata a casa o magari con la sorellina. Non c’era amore, ma nemmeno odio. Era uno sguardo spento”.

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