di Michelangelo Merisi

Nello Musumeci e Donato Toma.

Hanno in comune la carica politica ricoperta (governatore di Sicilia il primo, governatore del Molise il secondo).

Hanno in comune la coalizione politica di appartenenza: entrambi eletti nel centrodestra. Musumeci è vicino a Giorgia Meloni, Toma è vicino a Berlusconi.

Entrambi hanno in comune anche l’essere il bersaglio di franchi tiratori.

Infatti, nel corso dell’elezione dei rappresentanti regionali da inviare a Roma per l’elezione del presidente della Repubblica il prossimo 24 gennaio, sia Musumeci che Toma sono stati impallinati dalla propria maggioranza.

In Sicilia il buon Nello non si trova: i conti non tornano. Sono sette i voti che sono venuti meno alla sua figura nella votazione del Consiglio regionale. Sette voti venuti meno non ad un delegato qualsiasi, ma al presidente della Regione. Così che ci si è ritrovati con Musumeci che è giunto solo terzo: il presidente dell’Ars Gianfranco Miccichè con 44 preferenze il più votato, 15 voti in più rispetto al presidente della Regione, superato anche da Nunzio Di Paola (M5s) con 32, votato anche da pezzi del centrodestra.

In Molise i numeri sono più risicati.

Anche a Toma i conti non tornano. Dovevano essere sette i voti che dovevano andare sul governatore che invece si è fermato a sei. A pari merito con il presidente del Consiglio Micone. Ma inferiore al capogruppo dei cinquestelle Greco che si è ritrovato con ben otto voti.

Una bocciatura sonora che a Toma è venuta proprio dalla sua maggioranza.

Tanto più che il voto mancante è andato ad un suo assessore, al suo braccio destro, a colui che in questo momento detiene il maggiore potere in Giunta, anche più di Toma a volte ignaro di ciò che combina Quintino Pallante. E’ lui, Pallante, che gestisce concorsi, ricorsi, invenzioni legislative, strategie politiche, soldi da spendere. Ed il voto mancante a Toma è andato proprio a lui. Segno premonitore del destino che sta suggerendo a Toma chi sarà a pugnalarlo?

Eppure c’è un differenza abissale tra Musumeci e Toma?

Il governatore della Sicilia non si lascia intimidire dall’affronto della sua maggioranza e, tra l’idea di dimissioni ed altro, mette in atto l’unica azione politica: azzera la Giunta.

Donato Toma invece cosa fa?

Nasconde la testa sotto sabbia. Del voto venuto meno nessuno ne parla. Nessuno che metta in evidenza che persino Andrea Greco è riuscito a prendere due voti più di lui.

Che Pallante si sia autovotato o che il blitz sia stato fatto da un altro componente della pseudo maggioranza, poco cambia. La conclusione è che Toma non ha più i numeri per andare vanti. Se anche Greco riesce a prendere due voti in più, la cosa parla si commenta da sé nonostante gli schiamazzi alle spalle del presidente della regione. Ma tutto questo non può far notizia se un governatore, quattro giorni dopo la sua intervista dove si rilancia come possibile candidato alla stessa carica di presidente, viene superato da un componente dell’opposizione e riesce a stento ad eguagliare il presidente del Consiglio che ormai non sembra più rispondere alle esigenze del governo Toma e si pone in netto contrasto con il governatore.

Se non c’è la volontà di dimettersi, quanto meno il presidente della Regione Molise dovrebbe agire come Musumeci. Ammesso che ne abbia abilità e coraggio: rivedere gli assetti politici e cercare una squadra che lo porti fino all’ultimo giorno.

Ma forse Toma avrebbe un problema anche in questo senso: sarebbe in grado di trovare in Molise un soggetto, che non sia Maurizio Tiberio, disposto ad andare a fare l’assessore con lui?

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