«Parlare di lavoro, nella ricorrenza del 1° maggio che lo festeggia, al netto di enfasi e retorica, è particolarmente difficile. Lo è stato nel passato, quando abbiamo dovuto fare i conti con il lavoro non assicurato a tutti i cittadini, lo è ancora di più ora a causa dell’emergenza epidemiologica e della conseguente crisi socio-economica, fattori questi che hanno accentuato in modo esponenziale la mancanza di lavoro nella nostra regione e nel resto d’Italia.

Eppure, anche a costo di registrare critiche e disappunti, peraltro del tutto comprensibili e giustificabili, una riflessione su questa giornata celebrativa va fatta. Sappiamo quale valore abbia il lavoro nella nostra Costituzione, all’interno della quale i padri costituenti lo hanno collocato all’articolo 1. La declinazione della nostra democrazia passa attraverso due principi guida da cui si snodano i diritti e i doveri del cittadino: l’Italia è una Repubblica democratica ed è fondata sul lavoro. Ma, mentre il primo ha trovato piena attuazione negli anni che sono seguiti alla promulgazione della Costituzione, il secondo è rimasto un auspicio, un impegno spesso disatteso, almeno per molti cittadini di questo Paese che il lavoro non l’hanno trovato.

L’Assemblea costituente ritenne che il lavoro dovesse essere, per gli italiani, il pilastro su cui poggiare la valorizzazione della persona, avendo come paradigmi la libertà e la crescita individuali, ma anche la solidarietà e la coesione collettive. Il punto di partenza di una società che voglia definirsi civile è assicurare il lavoro a tutti, in assenza del quale non esistono né democrazia compiuta, né piena libertà. Senza lavoro, come ricorda spesso il Santo Padre, non esiste dignità, “lavorando noi diventiamo più persona, la nostra umanità fiorisce, i giovani diventano adulti soltanto lavorando”.

Certo, lo Stato non può avere una funzione datoriale che spetta, invece, a chi fa impresa, ma può e deve mettere in campo, unitamente alle altre istituzioni, interventi che assicurino le migliori condizioni per la sua creazione. Potrebbe essere questo il contesto per ribadire ciò che il Governo regionale ha fatto in questa fase di crisi a sostegno di imprese, lavoratori, partite ive, famiglie.

Non intendiamo farlo, perché ci rendiamo conto che le nostre azioni sono sì tangibili e concrete, ma non ancora del tutto incisive sul piano pratico, almeno fino a quando non terminerà per tutti la fase del lockdown. Che sia un 1° maggio vissuto all’insegna della resistenza, del coraggio, della speranza, della fiducia.

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