Il futuro delle politiche di coesione e del prossimo bilancio Ue in discussione al comitato europeo delle regioni in riunione a Varsavia.  In ballo ci sono i fondi che, per l’Italia e in particolare per il Molise, costituiscono l’unica fonte utilizzabile per finanziare investimenti.

A Varsavia, c’è anche Micaela Fanelli, membro del COR, capo delegazione Anci.
«Come relatore “ombra” ho sostenuto con forza il rilancio della politica di coesione, la questione dei migranti, della disoccupazione giovanile e delle aree rurali – dice. Siamo molto preoccupati per la posizione del presidente della Commissione europea Junker, contenuta nelle anticipazioni del suo libro bianco.

Per la prima volta si mette in discussione la necessità di avere delle politiche di coesione, che sono il principale strumento di investimento dell’Unione Europea, con il quale si prevede di attivare fino al 2020, più di 450 miliardi di euro, con l’obiettivo di ridurre le disparità, sostenere la crescita e la competitività, promuovere l’innovazione e l’inclusione a partire dai territori.

Per l’Italia e per il Molise sarebbe un colpo mortale. E quindi siamo qui la commissaria Corina Cretu per contribuire a creare una Europa migliore, quella che davvero serve ai cittadini. Un’Europa che non deve essere più centralizzata, ma anzi aumentare la sussidiarietà, la semplificazione e la flessibilità, dando anche più fiducia e spazio alle autorità regionali e locali.

Per questo – dice ancora Fanelli – ho presentato circa 35 emendamenti al parere e svolto il dialogo più serrato con il relatore del PPE tedesco, Schneider, sottosegretario sassone». Insomma una battaglia a tutto campo per difendere il futuro della politica di coesione, destinata alle aree più svantaggiate e linfa vitale per gli investimenti nel sud Italia e che assorbe più di un terzo dell’attuale bilancio della Unione Europea.

Ma è l’Italia intera ad essere in prima fila in questa battaglia perché contributore netto ma anche il secondo beneficiario dei fondi Ue (42,6 miliardi di euro, circa il 10% del totale destinato alla politica di coesione), subito dopo la Polonia. Un modello messo ora in discussione dal ‘Libro bianco’ sul futuro dell’Europa del presidente Junker e che gli stessi euroscettici criticano da tempo.

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