La memoria storica ricorda le figure maschili che hanno gettato le basi dell’unità nazionale, come Garibaldi e Mazzini; ma troppo spesso sottace l’impegno civile e sociale delle donne. Bruna Bartolo, l’autrice del libro “Donne nel Risorgimento”, sostiene che esse furono le prime a diffondere le idee liberali; donne appartenenti all’alta borghesia di Milano e di Torino, ma anche del Sud.
Molto è stato detto sulle donne, ma forse non si è sottolineato un aspetto che può sembrare frivolo e che è sintomatico del mutamento della vita delle donne: la modificazione dell’abbigliamento e le rinunce che ciò ha comportato.
Le donne della prima metà dell’Ottocento sono sempre state rappresentate con abiti eleganti di tessuti vaporosi e preziosi; con incredibile ampiezza di sottane dovute all’uso non solo di crinoline raffinate ma anche dallo straordinario moltiplicarsi di sottogonne e sopracrinoline. Non disdegnavano il ricorso ai cosmetici, prediligendo i prodotti a base naturale. Sempre ben lavate e profumate con tenui essenze francesi, usavano sapone, latte detergente e polvere di riso. Tenevano molto alla pelle, viepiù tingevano le ciglia e le sopracciglia con matite, in modo da dare all’occhio una espressione profonda e ammaliante. Seguivano sapientemente la moda francese: Parigi era considerata la capitale del bel vestire. Per rendere più slanciata la figura e rendersi più alte, usavano scarpe con il tacco alto e cappelli con una tesa ritta sulla fronte e assai elevata.
Ed i capelli, sempre lunghi, erano parzialmente raccolti in trecce o chignon alla sommità del capo, ma con ciocche ondeggianti sul collo. E non dimentichiamo la scelta degli accessori: calze, scarpe, guanti, ombrellini, pizzi, fiori finti, bottoni, passamanerie ed ogni genere di orpelli.
Tutto cambia ai fini dell’abbigliamento e della cura della propria persona, per le donne che hanno partecipato e lavorato a diffondere le idee liberali, per le donne invisibili del XIX secolo.
Le donne del Risorgimento sono state combattenti: hanno rinunciato alle crinoline, hanno tagliato i capelli, hanno indossato tenute da bersagliere, hanno dovuto travestirsi da uomo per non essere arrestate! Hanno dovuto rinunciare a gioielli e pizzi. Al posto di ricercatissime “borsette” hanno dovuto applicare sulle loro tenute infinite tasche. Hanno dovuto inventare escamotage per raggiungere i loro obiettivi.
La contessa Frecavalli, famosa per essere una nobile “staffetta”, nascondeva i messaggi segreti da trasferire, nei capelli: altro che chignon. Bianca Milesi, pittrice, femminista e battagliera, allieva di Canova, sempre travestita da uomo, disegnò l’emblema tricolore del battaglione Minerva.
Senza considerare i “figli” che le donne hanno perso nelle battaglie e quelli che hanno perso in grembo. Di una di loro, Adelaide Cairoli, milanese, che nonostante la perdita di quattro figli, continuò a finanziare i giornali patriottici, Garibaldi disse: “L’amore di una madre per i figli non può nemmeno essere compreso dagli uomini. Con donne simili una nazione non può morire”.
Per concludere, gli uomini del Risorgimento sono stati i protagonisti dell’unità politica del paese, ma le donne hanno sicuramente realizzato l’unita sociale e culturale della nuova Italia. Sono loro che hanno incominciato ad elaborare l’identità della donna dell’Italia di oggi, a loro dobbiamo l’inizio del cammino verso la parità con gli uomini.