di Pietro Tonti

La nostra piccola ristagnante società molisana, ha subito dei cambiamenti significativi rispetto a qualche anno fa.

Uno dei parametri più visibili della degenerazione di questa nostra terra, sommersa da una povertà dilagante, è dato dalla presenza di extracomunitari e gente autoctona contendersi in tutte le principali città, tra bar e supermercati, tra l’ingresso delle chiese e ristoranti, il dominio della carità cristiana.

Una lotta all’ultimo centesimo di euro, di un esercito di diseredati. I primi – i ragazzi di colore – si impongono per presenza, ma difficile è comprendere se facciano parte di un racket di elemosinanti controllati dalla malavita organizzata extraregionale, oppure siano autonomi cercatori di spiccioli.

 Vi è una quasi certezza che vengano gestiti dalla mala, ma nonostante i fermi dei Carabinieri e alcuni blitz registrati, sono sempre negli stessi luoghi a chiedere agli avventori il sostegno. Questi hanno sottratto il lavoro alle donne slave con prole al seguito, sparite nel nulla.

Cosa ben diversa è la povertà autoctona, la quale fa più male ad osservarla e ti tira un calcio al cuore ogni volta che ti si para davanti.

Oramai non vi è limite al peggio e se fino a qualche tempo fa, le persone in difficoltà, piuttosto si rinchiudevano in casa nella loro disperazione, cercando di mangiare solo un piatto di pasta, evitando di accendere il riscaldamento e la luce, andando a dormire prestissimo la sera per non consumare, non si osava chiedere al prossimo un aiuto. Lo sappiamo, nessuno vorrebbe sbandierare ai quattro venti il proprio stato di indigenza.

Oggi stanno cambiando le abitudini per necessità e, come accade anche ad Isernia, all’uscita dei supermercati, troviamo coniugi sorridenti nella loro disperazione che chiedono il resto della spesa per comprare il panino ai loro figli, o semplicemente per sopravvivere. Difficile negargli un aiuto.

D’altronde il pensiero ricorrente maturato con grande difficoltà dei poveri molisani: “se gli extracomunitari possono elemosinare con successo, perchè non adeguarci ed imitarli, visto che viviamo le stesse difficoltà?”

Non è più sostenibile la grande mano delle associazioni e della Caritas Diocesana al collasso per le tante, troppe richieste delle famiglie senza reddito, aumentate esponenzialmente di mese in mese, per la richiesta di alimenti e denaro per far fronte alle necessità quotidiane.

Ci sono tante brave persone che si offrono per acquistare e distribuire, anche casa per casa il pane e la pasta, ma non è sufficiente, la disperazione e la fame è sempre più incontenibile, per una larga maggioranza di nostri concittadini, impossibilitati a pagare le bollette e fare la spesa alimentare.

Sono tantissime le famiglie che sopravvivono con poche centinaia di euro al mese, senza sostegno economico dei parenti più stretti e soprattutto senza un lavoro.

Senza la possibilità di sperare nel futuro, in un cambiamento della loro condizione economica.

In questo contesto, si resta sorpresi di così tanta ingiustizia in un paese civile, dove almeno dovrebbe essere garantita la sopravvivenza alimentare.

Questo deplorevole salto a ritroso nel tempo, la comparsa dei mendicanti ex operai, ex edili, ex lavoratori in proprio sommersi di debiti e pensionati, a contendersi con gli extracomunitari africani gli spiccioli delle elemosine, è quanto di più degradante poter immaginare di osservare; deriva inconcepibile di una società in cui la politica, le amministrazioni hanno miseramente fallito.

E’ finito il tempo del biasimo e delle constatazioni, ora bisogna agire e impedire che questa nostra piccola ex isola felice possa finire di sprofondare nel disagio e nella povertà.

Si crei lavoro, si dia la possibilità a chi è ridotto alla fame di ritornare a dare dignità alla propria persona e ai propri cari, con qualunque mezzo, questa è la sfida reale che la nostra comunità con gli amministratori di oggi e di domani dovrà affrontare e risolvere con priorità assoluta.

 

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