In Molise non si segnalano stabili presenze di organizzazioni con i caratteri tipici delle mafie. Tuttavia la Regione non risulta immune da proiezioni di cosche di ‘ndrangheta, di clan di camorra e di sodalizi di origine pugliese, tanto che nel dicembre 2018 è stata istituita, con delibera del Consiglio regionale, una Commissione consiliare speciale di studio sul fenomeno della criminalità organizzata in Molise “… con finalità conoscitive del fenomeno della criminalità organizzata nel territorio regionale, dei suoi diversi profili di interesse tra i quali quello dell’ambiente, quello delle possibili infiltrazioni negli enti locali e quelli collegati alle procedure degli appalti pubblici e privati…”.

Un elemento che accomuna le citate organizzazioni sono le intese con pregiudicati di altre nazionalità, stabilitisi in Molise, o con famiglie rom stanziali, che agevolano la gestione sul territorio delle attività illecite tipiche delle associazioni mafiose, che sembrano così non avvertire la necessità di radicarsi. Di certo, la vicinanza geografica tra il Molise e la Campania tende a favorire la “migrazione”, in territorio molisano, di pregiudicati di origine napoletana e casertana, in particolare lungo la fascia adriatica e nelle zone tra il Sannio ed il Matese, queste ultime prossime alle aree di influenza del cartello casertano dei CASALESI.

Una conferma proviene dai sequestri di beni (alcuni dei quali hanno riguardato proiezioni di gruppi camorristici), dall’arresto di latitanti (che da quelle zone possono continuare a occuparsi della gestione dei sodalizi di appartenenza), dalla presenza diffusa di pregiudicati, con i rispettivi nuclei familiari, che hanno scelto di stabilirsi in Molise a seguito del divieto di dimora in altre regioni. Medesime considerazioni circa la contiguità territoriale valgono per i sodalizi di origine foggiana, presenti con proprie propaggini, al pari dei clan campani, nella zona costiera molisana, in particolare nelle cittadine di Termoli, Campomarino, Petacciato e Montenero di Bisaccia. Ciò riguarda, in prima battuta, il traffico di sostanze stupefacenti. In particolare, il ritorno in libertà di figure di vertice di alcuni storici clan lucerini, in provincia di Foggia (RICCI, CENICOLA e BARBETTI), sembra averne favorito la propensione ad estendere i propri traffici illeciti nel molisano.

Una conferma, in tal senso, viene dalle operazioni “White Rabbit”, dello scorso semestre, e “Drug Wash”, del 24 luglio 2019. La prima, eseguita a Isernia e Lucera (FG), il 20 marzo 2019, ha ricostruito le attività illecite di un gruppo di lucerini, che riforniva di cocaina diverse piazze di spaccio del Molise. Il sodalizio era capeggiato proprio da una figura storica della criminalità lucerina, esponente apicale del clan RICCI, il quale faceva da tramite tra appartenenti al clan BARBETTI di Lucera ed i giovani pusher di etnia rom, che operavano nella provincia molisana. L’operazione “Drug Wash” ha, invece, riguardato un gruppo, con a capo un pregiudicato nipote dell’ergastolano boss del clan BAYAN, anche questo della provincia di Foggia, attivo tra gennaio e maggio 2017, tra Lucera e la provincia di Campobasso, nello spaccio di cocaina e hashish.

La presenza della criminalità lucerina nei traffici di stupefacenti sul territorio molisano ha trovato, infine, riscontro nell’operazione “Friends” del 20 novembre 2019, che ha fornito elementi circa un ruolo preminente assunto dai menzionati clan dauni nel narcotraffico, godendo peraltro di canali di approvvigionamento presso le organizzazioni camorristiche in Campania (come il clan CESARANO, operante tra Pompei e Castellamare di Stabia). Non sono mancate, negli anni passati, indagini che hanno confermato la consumazione, in Molise, di reati predatori, commessi “in trasferta” da pregiudicati foggiani, alcuni dei quali contigui a sodalizi della loro zona di origine. Come sopra accennato, alcune evidenze investigative hanno riguardato attività di riciclaggio e di reimpiego di capitali di origine illecita da parte di prestanome di gruppi criminali.

In tale contesto, rileva l’azione di contrasto ai patrimoni mafiosi posta in essere, nel tempo, dalla DIA e dalle Forze di polizia. A tal proposito, alcuni elementi di valutazione estremamente significativi circa l’infiltrazione nel tessuto economico viene dalla lettura dei dati pubblicati dall’ “Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” in relazione all’Abruzzo. Essi indicano come, allo stato attuale, siano in corso le procedure di legge per la gestione di 7 immobili confiscati, mentre altri 3 sono già stati destinati. Sono, altresì, in atto le procedure per la gestione di 2 aziende. Tra le tipologie di beni sottratti alle mafie in Molise figurano immobili con relative pertinenze, terreni e aziende per la produzione di energia elettrica, gas e acqua.

Un provvedimento di sequestro preventivo, eseguito dalla DIA di Caltanissetta, l’8 ottobre 2019, ha evidenziato che anche le organizzazioni criminali siciliane vedono nel territorio molisano un contesto utile per investire capitali illeciti: il decreto ha riguardato un impianto eolico sito su un terreno nel comune di Civitacampomarano (CB), già di proprietà di una donna del posto, che aveva ceduto il diritto di superfice alla moglie di un pregiudicato siciliano, ritenuto contiguo al clan RINZIVILLO di Gela (CL).

Province di Campobasso e Isernia

Le numerose operazioni concluse nel 2019 che hanno riguardato traffici di stupefacenti, rappresentano una conferma della rilevanza che questo settore riveste per le organizzazioni criminali. Le consorterie maggiormente implicate nei traffici sono di origine pugliese – come confermato da due operazioni concluse nel 2019 – che utilizzavano, però, pregiudicati locali per lo spaccio.

La prima, denominata “Drug Market”, del mese di marzo, ha riguardato un’associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti (cocaina), nella provincia di Campobasso, reperiti nell’area di San Severo (FG) e Caserta. La seconda è l’operazione “Alcatraz”, del mese di maggio, che ha condotto all’arresto, a Campobasso, della compagna e della sorella di un detenuto, ritenute responsabili di spaccio di stupefacenti provenienti in parte da Napoli e, anche in questo caso, da San Severo. In quest’ambito sono poi frequenti le complicità con gruppi stranieri: una operazione del dicembre 2018, denominata “Alpheus 1”, ha riguardato un’associazione per delinquere composta da pregiudicati sanseveresi, albanesi e romeni, che aveva tra le sue finalità il traffico di stupefacenti, destinati alla commercializzazione nella provincia di Campobasso. Gli indagati sanseveresi sono stati colpiti da un decreto di sequestro preventivo, eseguito a gennaio 2019, nelle province di Chieti e Campobasso, che ha riguardato quote societarie, esercizi commerciali, immobili e veicoli, per un valore di circa 1,2 milioni di euro.

Saldature criminali sono state riscontrate anche tra pregiudicati foggiani e gruppi di origine rom, stanziali nella provincia di Isernia e dediti, in particolare, alla consumazione di reati contro il patrimonio e al traffico di stupefacenti. Uno di questi sodalizi è stato indagato nell’ambito della menzionata operazione “White Rabbit”, conclusa il 20 marzo 2019 dalla Polizia di Stato, nei confronti dei componenti di un gruppo misto, composto da italiani e soggetti rom stanziali, con dimora nelle province di Isernia e Foggia, dediti allo spaccio di stupefacenti. Gli indagati residenti nella provincia di Isernia provvedevano a spacciare la droga prima acquistata dai foggiani. Uno di questi è considerato elemento di spicco della criminalità organizzata di Lucera (FG), già indagato pertraffici di stupefacenti che, dopo aver scontato una lunga pena, per reintrodursi nel circuito criminale, aveva individuato il territorio di Isernia quale luogo ideale per ampliare i suoi affari illegali.

Altre due importanti operazioni del secondo semestre 2019 hanno confermato gli interessi dei gruppi criminali foggiani, in particolare dei clan di Lucera, nei traffici di stupefacenti nelle province molisane. Ci si riferisce alle operazioni “Drug Wash” e “Friends”, che hanno messo in evidenza come i sodalizi pugliesi, potendo fare affidamento su consolidati canali di approvvigionamento a Cerignola (FG) e in Campania, provvedessero a rifornire stabilmente le piazze di spaccio, servendosi anche di una rete di giovani pusher di etnia rom, che operavano nelle province molisane. Oltre agli stupefacenti, le organizzazioni criminali che operano nelle due province si interessano anche verso settori più sofisticati. Nel mese di ottobre 2019, la Guardia di finanza ha eseguito un provvedimento cautelare emesso a conclusione dell’operazione “Galaxy”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Isernia, che ha riguardato un’associazione per delinquere finalizzata alla frode transnazionale in danno dell’Italia e dell’Unione Europea sulla vendita di auto di lusso, con un sistema di triangolazioni societarie.

L’organizzazione, che sfruttando l’indebito risparmio d’imposta, aveva acquisito una rilevante quota del mercato nazionale degli autoveicoli di lusso, aveva base stabile in Italia e proiezioni internazionali, in particolare nella Repubblica Ceca e in Germania. Alla stessa facevano capo aziende minori – operanti in Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Abruzzo, Marche, Sicilia, Puglia e Molise – e due grossi gruppi commerciali presenti nel Lazio e in Campania, riferibili a esponenti del cartello dei CASALESI, di clan camorristici dell’area vesuviana e dell’agro nocerino-sarnese. Diversi sono i settori a rischio di contaminazione mafiosa per i quali prosegue il monitoraggio preventivo delle

Prefetture di Campobasso e Isernia che, anche nel 2019, ha condotto all’emissione di provvedimenti interdittivi nei confronti di imprese, molte della quali riconducibili a soggetti legati a gruppi camorristici, operanti nei settori dei trasporti, dello smaltimento e del recupero dei rifiuti, dei servizi di pulizia di immobili, del movimento terra e dei lavori edili.Per quanto, infine, concerne i reati commessi da cittadini stranieri, questi riguardano essenzialmente la violazione delle norme sull’ingresso e la permanenza in Italia. Gli stranieri privi di permesso di soggiorno costituiscono, infatti, il bacino da cui attingono i cd. “caporali”, che li reclutano come manodopera da sfruttare per lavori nel settore agricolo o le organizzazioni criminali per le attività di spaccio di sostanze stupefacenti.

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