L'avvocato della famiglia Cucchi, Corrado Oliviero, mostra delle foto durante il dibattimento del processo d'appello per la morte di Stefano Cucchi, a Roma 31 ottobre 2014. ANSA/ANGELO CARCONI

Chiusa l’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi. il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il pm Giovanni Musarò, contestano l’accusa di omicidio preterintenzionale ai tre carabinieri – Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco – che lo arrestarono il 15 ottobre.

La notizia del coinvolgimento di un Carabiniere di Sesto Campano (IS) nel delitto di Stefano Cucchi, aveva suscitato clamore e sgomento all’epoca dei fatti circa otto anni fa nel Molise.  Tra i tre Carabinieri quindi anche il molisano Alessio Di Bernardo, dovrà rispondere dell’accusa di omicidio preterintenzionale per la morte di Stefano Cucchi avvenuta il 22 ottobre del 2009 dopo alcuni giorni di agonia nel reparto speciale dell’ospedale Sandro Pertini di Roma.

La sera del 15 ottobre Cucchi fu fermato in possesso di sostanze stupefacenti, e all’una di notte il giovane fu accompagnato a casa dove i genitori lo hanno visto per l’ultima volta. I militari che parteciparono alla perquisizione in casa dei Cucchi e al trasferimento del giovane fermato nella caserma Appia sono proprio i tre carabinieri Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco, ora accusati di omicidio preterintenzionale aggravato.

Secondo i pm, i militari lo colpirono «con schiaffi, pugni e calci, provocando una rovinosa caduta». La decisione è giunta al termine delle indagini preliminari. Con loro, accusati di calunnia, il maresciallo Roberto Mandolini, allora comandante della stazione dei carabinieri Appia (quella che, nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009 aveva proceduto all’arresto) e i carabinieri Vincenzo Nicolardi e Francesco Tedesco.

Per Mandolini e Tedesco, infine, anche il reato di falso verbale di arresto.

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