Il Sindacato lo aveva detto. La CGIL lo aveva detto: avevamo detto dall’inizio di questa ennesima maledetta crisi che il tempo sarebbe stato tiranno, che un evento eccezionale come quello pandemico avrebbe necessitato di interventi straordinari, che per riaprire le fabbriche, le scuole sarebbero stati indispensabili azioni e provvedimenti condivisi, che uno degli elementi nevralgici sarebbe stato quello della mobilità e dei trasporti.

Avevamo detto, in senso più ampio, che c’era bisogno di prestare la massima attenzione nella definizione dei protocolli per l’emergenza e dei protocolli per la ripresa. Oggi, a ormai sette mesi dall’inizio dell’emergenza pandemica nazionale e regionale, tanti nodi stanno venendo al pettine su ciò che è stato fatto ma soprattutto su ciò che non è stato fatto e forse nemmeno è stato pensato e/o programmato per tempo.

Prendiamo atto che un altro lockdown totale sarebbe irrealizzabile in un mondo governato più da processi economici che dal buon senso e iniziamo ad abituarci all’idea che uno degli elementi che caratterizzerà il nostro futuro sarà la convivenza con questo maledetto virus. Altra constatazione realistica è quella che dovrà abituarci alla consapevolezza dell’esistenza di quella che gli scienziati più nobili preferiscono chiamare immunità (e responsabilità) di comunità anziché immunità di gregge.

Il constatare che lo avevamo detto, chiaramente, non risolve nemmeno uno dei problemi che sono sul tavolo della discussione politica, sociale ed economica nei diversi livelli e le righe che seguiranno non intendono quindi essere un mero atto di accusa fine a se stesso tipo quelli che si ascoltano tra i diversi schieramenti politici che, a giorni alterni, dicono tutto e il contrario di tutto.

Non è nemmeno un atto di accusa riferito a medici e scienziati che bene farebbero, però, da oggi in poi a mettersi d’accordo – se non riescono a farlo sulle loro a volte fantasiose, contrastanti e/o avanguardiste teorie scientifiche – almeno sulla comunicazione che non può contribuire ad alimentare confusione e incertezza in un panorama sociale, politico ed economico già compromesso e destabilizzato.

Le poche righe che seguiranno non vogliono essere nemmeno un j’accuse verso una classe politica e dirigente molisana che meriterebbe una manifestazione e dieci contestazioni quotidiane per la marea di problemi che si stanno accumulando e che stanno assumendo, giorno dopo giorno, le caratteristiche di emergenze strutturali che alimentano la rassegnazione o l’individualismo della serie “io speriamo che me la cavo”.

Il recente studio commissionato dall’ANCI e diffuso negli ultimi giorni dal Cerved evidenzia che anche nella fase pandemica ci sono stati settori più colpiti e che l’impatto economico dei diversi settori ha determinato, ancora una volta, profonde differenze territoriali.

Infatti ci sono alcuni centri che hanno retto meglio all’urto della nuova crisi potendo contare su comparti economici che non hanno sofferto pesantemente gli effetti della pandemia : è il caso di territori che ruotano, ad esempio, intorno a centri come Latina, Imperia e Parma nei quali la presenza strutturata di produzioni tipo quelle farmaceutiche e agroalimentari hanno determinato impatti poco influenti su chiusure e restrizioni imposte da esigenze sanitarie e di sicurezza.

Tra le città che potrebbero soffrire di più l’impatto della crisi figurano invece Potenza, Chieti e, guarda caso, Campobasso. Città che sono state letteralmente devastate da questa ennesima crisi e che nella migliore delle ipotesi avranno una ripresa molto più lenta rispetto alle altre sicuramente per fattori endogeni ma anche per mancanze ataviche di visione strategica rispetto alle politiche complessive di sviluppo.

Le conseguenze immediate di queste constatazioni porteranno, per alcune città e territori, a un aggravamento del fattore occupazionale e ad una deriva irreversibile dell’elemento demografico riferito allo spopolamento e all’invecchiamento dei residenti.

Le “distrazioni locali” sono state e sono ancora tante. Per l’ultima volta la CGIL del Molise chiede a questa Regione e a coloro che hanno responsabilità di governo :

• una CABINA DI REGIA VERA che programmi in maniera condivisa le scelte di destinazione dei fondi ordinari e straordinari a breve, medio e lungo termine, che dia una linea chiara sulle prospettive di strumenti tipo Zone Economiche e Speciali e Area di Crisi Industriale Complessa;

• una sorta di UNITA’ DI CRISI che contribuisca a determinare anche le decisioni da prendere in caso di emergenze stringenti come quella che stiamo vivendo;

• un lavoro certosino, condiviso e scevro da interessi dei potentati regionali consolidatisi nel tempo, per le politiche SANITARIE e della non autosufficienza, per l’immediata definizione di un centro COVID e per la strutturazione di un sistema SANITARIO PUBBLICO che guardi anche al potenziamento della medicina territoriale come elemento di risposta immediata alle esigenze che si manifestano in un contesto come quello molisano complicato dal punto di vista orografico ;

• un tavolo straordinario per le politiche del lavoro, della formazione e del rilancio produttivo che guardi anche ai settori martoriati come quelli del commercio e del turismo che hanno subito danni gravissimi e in alcuni casi irreversibili;

• una interlocuzione costante per definire le politiche dei trasporti e della conoscenza;

• una partecipazione attiva e competente del partenariato sociale, di tutta la comunità molisana compresa quella accademica per la definizione di politiche industriali, turistiche e di sviluppo che guardino anche alla sostenibilità ambientale che nel nostro Molise potrebbero essere elemento dirimente e potrebbero trovare condizioni di miglior favore.

LO AVEVAMO DETTO, NON E’ STATO FATTO, NON C’E’ PIU’ TEMPO ! ! !

Non è il tempo delle beghe politiche di basso rango e dei personalismi che troppo spesso hanno caratterizzato questa maggioranza regionale molisana. Non è il tempo di marcare le differenze e di cavalcare le onde mediatiche in cerca di consensi. Quel tempo lo vivremo nelle prossime consultazioni elettorali dove i cittadini saranno democraticamente chiamati a scegliere i loro rappresentanti di governo e istituzionali.

E’ questo, ancora una volta, il tempo della responsabilità condivisa e la CGIL, il sindacato, come sempre è pronto a caricarsi di responsabilità (pur non avendo colpe dirette per le tante mancanze) nell’interesse dei cittadini, dei pensionati e dei lavoratori e del futuro di questa terra.

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