La Federazione Italiana Medici di Famiglia del Molise, con una nota a firma del segretario regionale dott. Antonio Tartaglione, interviene a difesa della categoria troppo spesso bersaglio di pensanti critiche.

Negli ultimi giorni, abbiamo assistito a livello nazionale ad una serie di interventi di noti giornalisti che, sulla stampa e in televisione, descrivevano i medici di famiglia in un modo falso e non proprio lusinghiero.

Sono passati pochi mesi dalla morte di Roberto Stella, di Marcello Natali, di Giulio Titta, per citare solo i primi di una lunga serie di decine e decine di medici di famiglia, descritti all’epoca, insieme agli altri colleghi deceduti nella pandemia Covid facendo il loro dovere, come “eroi”.

Passata la festa, si fa per dire, gabbato lo santo, e gli eroi di ieri oggi sono presto diventati gli” imboscati”.

Eppure in tutta Italia, milioni di dosi di vaccino antinfluenzale, chi le sta facendo? In tempi brevissimi e con la difficoltà di reperire e ricevere i vaccini necessari?

Chi sta curando i malati cronici senza aver mai smesso, anche quando gli ambulatori Distrettuali e ospedalieri hanno chiuso i battenti?

Chi sta prescrivendo milioni di ricette da marzo ad oggi, e compilando i certificati moltiplicatisi in tutte le forme possibili, e chi sta provvedendo alle sempre più numerose segnalazioni di presa in carico con le relative richieste di tampone?

E chi si ritrova tutti i giorni a sopportare i tentativi degli assistiti di parlare al telefono dell’Ufficio igiene che, come il telefono delle DONNE di Zucchero, non suona mai?

Chi sta garantendo, in condizioni non ottimali ma con il cuore e la passione da medico di FAMIGLIA, le migliaia di interventi domiciliari? L’Assistenza domiciliare integrata e programmata non è mai stata sospesa anche quando i medici si sono ritrovati senza dispositivi di sicurezza idonei e solo qualche mascherina fornita caritatevolmente dalla ASREM.

Chi sta rispondendo in tutta Italia a milioni di telefonate tutti i giorni, incluso sabato e domenica e spesso anche di notte, senza soluzione di continuità?

Chi sta cercando risposte idonee ed efficaci alle esigenze dei tanti assistiti positivi o sintomatici che però, avendo fatto solo tamponi antigenici in strutture private, pagando di tasca propria, in attesa di ricevere il tampone dall’azienda non sono riconosciuti nell’elenco ufficiali del dipartimento di prevenzione e non possono neppure essere seguiti dalle Unità Speciali di Continuità Assistenziale?

A volte, purtroppo sempre più spesso in questi ultimi giorni, si tratta di assistiti anziani con evidenti segni di infezioni bronco-polmonari di cui i medici di famiglia si devono far carico in assenza di qualsiasi protocollo terapeutico ufficiale da usare sul territorio.

Il tutto mantenendo e continuando a curare tutte le altre patologie acute e croniche, più di prima.

Chi si è proposto per aiutare nella difficile operazione dell’individuazione dei contatti asintomatici facendo sul territorio anche i famosi tamponi, (che stiamo ancora aspettando)?

Ma, si dice, i medici di famiglia non sono entusiasti dell’obbligo loro imposto di fare i tamponi. Certo che si dichiarano prudenti: organizzare un’attività di testing sui contatti non stretti di casi confermati non è una cosa banale. Non ci si inventa esperti nell’esecuzione di tamponi dalla sera alla mattina, e tutta l’attività connessa va organizzata bene, per garantire la massima sicurezza dei medici e degli assistiti.

Ed è quello che stiamo cercando di fare insieme alla ASREM: occorre formare i medici, aiutarli nell’organizzazione, supportarli nella fase di acquisizione e primo utilizzo dei kit, fornirli di tutti i dispositivi di sicurezza necessari, individuare le sedi dove chi non dispone di locali adatti possa collaborare all’esecuzione dei tamponi.

I prossimi mesi saranno cruciali, e solo se si va avanti tutti insieme possiamo farcela senza pagare un prezzo troppo alto. Le polemiche, le accuse, i giudizi sommari, le opinioni personali, le polemiche sterili, e soprattutto lo scaricabarile, non aiutano. Aiuta invece individuare le criticità, proporre soluzioni e contribuire a supportare lo sforzo di chi tutti i giorni lavora in condizioni difficili vicino alle persone.

I conti, i bilanci, i giudizi, le somme, si tireranno alla fine. E siamo sicuri che i fatti ci daranno ragione.

Per ora diciamo grazie a tutti quelli che in ospedale e sul territorio, stanno dando il massimo possibile, e rivolgiamo un invito a tutti coloro che pensano che sparare a cannonate contro il personale sanitario sia un valido contributo al sistema, di farla finita.

Non aiuta l’Italia, aiuta solo il Coronavirus“.

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