Dopo mesi di annunci e proclami, ancora oggi ci troviamo tristemente a constatare che ci sono lavoratori che non percepiscono le spettanze inerenti il blocco involontario del lavoro per l’emergenza sanitaria.

Eppure non passa giorno che non sentiamo parlare di ingenti risorse destinate ad affrontare quella che è senza dubbio, la più grave crisi sanitaria, economica e sociale dell’ultimo ventennio. Una situazione che diventa grottesca quando si prende atto che, pur in presenza di risorse stanziate e annunciate dal Governo, non si riesce a dare continuità nell’erogazione delle stesse verso i lavoratori.

I ritardi dei trasferimenti già stanziati, da quelli statali al Fondo FSBA (Fondo di solidarietà bilaterale per l’artigianato), sono inaccettabili e incomprensibili. Solo per dare un’idea della platea di imprese e lavoratori interessati, è bene ricordare che in Italia sono state presentate ben 211.085 domande per un totale di 793.794 lavoratori coinvolti. Solo qualche giorno fa, dopo innumerevoli solleciti, sono state accreditate ulteriori risorse, che consentiranno agli enti territoriali di provvedere a completare le mensilità di aprile.

Invece, ancora nulla è dato sapere per le mensilità da maggio ad oggi. È evidente che senza una strategia nazionale e regionale, oggi agganciata al sostegno e in prospettiva volta al rilancio, molte imprese in crisi non saranno più in grado di affrontare la ripartenza. In particolar modo nelle regioni del Sud, dove il differenziale economico e sociale era già
ampiamente deficitario rispetto alle altre aree del Paese già molto prima del Covid-19 e si rischia seriamente la chiusura di molteplici attività.

Molise, ad oggi, sono 772 le domande di sostegno al reddito presentate, che coinvolgono 2.058 lavoratori del settore artigiano. Anche in questo caso, i pagamenti si fermano ad aprile senza conoscere le tempistiche riguardanti i mesi successivi. A questi numeri occorre aggiungere quelli derivanti dagli ammortizzatori sociali ordinari e in deroga presenti per gli altri settori e che vivono parimenti una situazione difficile sempre legata al ritardo abnorme nei pagamenti.

In Molise, al 30 giugno avevamo una situazione ancora deficitaria sulla cassa integrazione ordinaria, poiché a fronte di 3208 domande avanzate di cui 2629 autorizzate, solo 2624 risultavano essere state pagate. Mentre molto più preoccupante è il dato sulla cassa integrazione in deroga, ovvero quella di competenza regionale. Sempre al 30 giugno, a fronte di circa 6 mila domande presentate alla Regione, ne sono state inviate all’Inps 2.952 di cui decretate 2.872 e liquidate appena 2.046.

Un ritardo inspiegabile e che riteniamo debba essere colmato con celerità. Questi dati dovrebbero far riflettere tutti, perché se pensiamo di agganciare una nuova fase con la stessa metodologia e lentezza vissuta sino ad oggi con le procedure emergenziali, il Molise rischia di non ripartire più. Dovrebbero altresì far riflettere i dati che parlano di spopolamento costante della regione; ogni anno vanno via da questa terra circa 2-3 mila persone, l’equivalente di un medio-piccolo comune.

Senza dimenticare la situazione relativa alla desertificazione costante del tessuto produttivo su tutto il territorio regionale e quella inerente la costante perdita di importanti centri direzionali, che tornano ad essere in capo ad altre regioni come la Campania o l’Abruzzo. Molti altri settori hanno subito una contrazione e continuano ad avere problemi nella fase di ripartenza, per questo da tempo la CGIL chiede sia a livello nazionale che regionale, una chiara azione di programmazione.

Il tema è come pensiamo di affrontare una crisi profonda e con quali strumenti. Al momento occorre prendere atto che vi sono poche idee e poca attenzione destinata al futuro del Molise. Troppi sono i ritardi e le dimenticanze, a partire dal decreto-legge del 5 marzo 2020 con il quale il Ministero del Lavoro di concerto con il Ministero dell’Economia, ha rifinanziato le aree di crisi complesse lasciando fuori il Molise, che non rientra tra i beneficiari quasi come se non ci fossero più problemi nelle nostre piccole realtà locali o che le pochissime risorse assegnate siano sufficienti a garantirne il rilancio; un fatto già denunciato dalle organizzazioni sindacali, ma forse ritenuto superfluo dalle istituzioni regionali.

Allo stesso modo, manca un vero confronto sulla riprogrammazione dei fondi europei residui e l’avvio della discussione sulla nuova programmazione 2021-2027. Dopo l’accordo con il Ministro Provenzano sul riutilizzo di risorse già nostre, manca ancora tutta la verifica sui residui del plurifondo Fesr/Fse, dove si stima che la spesa sia stata pari al 26% sino ad oggi. Il rischio di perdere risorse o di doverle riprogrammare senza una logica costruttiva, è elevato. Un lusso che il Molise non può permettersi.

In aggiunta, l’emergenza Covid ha dato finalmente vita ad un intervento europeo senza precedenti in termini di provvedimenti e risorse destinate ai vari Paesi. Come noto, l’Italia ha una quota importante da programmare e spendere. Noi, come CGIL, riteniamo che sia necessario una programmazione territoriale capace di individuare le priorità infrastrutturali e di filiera con lo scopo di riprogrammare le risorse europee, concertarle con quelle che saremo in grado di definire a livello nazionale , dando in tal senso un modello chiaro e univoco di sviluppo territoriale.

Il futuro del lavoro, a partire da quello artigianale, dipende dalla nostra capacità di condividere un unico obiettivo. Ci auguriamo, quindi, che anche durante la pausa estiva, ci si confronti su queste cose e si tralascino discussioni sterili e di basso profilo e si possa provare a ridare una prospettiva ai tanti disoccupati e giovani di questa terra.

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