Un pareggio che vale una sconfitta. E’ finita 10 a 10 la mozione di sfiducia (perché Toma, che aveva detto che si asteneva e come al solito non ha mantenuto la parola ha votato a suo favore quindi l’undicesimo voto non lo conteggiamo). Si voleva mandare a casa il governatore Toma. A casa non andranno, ma per dirla alla Fanelli: “questo pareggio equivale ad una sconfitta” a cui si aggiunge Iorio: “Così non si governa, né serviranno i quadretti dei festeggiamenti politici che vedo nei corridoi. Non vedo un futuro roseo”. Tutto è iniziato martedì 16 marzo quando è stata presentata a sorpresa la mozione di sfiducia con 11 sottoscrizioni: Pd, 5stelle, Calenda (gruppo misto), Iorio e Romagnuolo (FDI). Poi il gran casino.
Prima la Calenda ha ritirato la propria firma perché ha ricevuto la nomina da assessore al posto della Lega ed ha liberato il posto della vice presidenza del Consiglio. Posto che è stato regalato a Gianluca Cefaratti, del gruppo Patriciello, che con un solo colpo ha guadagnato 1000 euro in più al mese per la sua indennità e la doppia segreteria per assumere personale e prepararsi per la prossima campagna elettorale, visto che è già presidente della IV Commissione. L’assenza dall’aula durante la votazione per il vice presidente del Consiglio ha comportato il pressing su D’Egidio da parte di Toma e Pallante prima, Cavaliere poi. Pressing servito a far tornare in aula il consigliere di Forza Italia che non aveva chiesto doppi incarichi, solo di rappresentare la vice presidenza del Consiglio. Ma al politico di Bojano, reo di essersi schierato alle elezioni comunali del capoluogo matesino contro la lista capeggiata dalla moglie di Cefaratti e che vedeva candidata anche il presidente del Consiglio Micone, neppure questo gli è stato consentito. Segno che se con Toma non giochi di forza, i tomiani calpestano qualunque dignità. Nicola Cavaliere ha piantonato tutto il pomeriggio il collega di partito rinchiuso nella sua stanza. Il timore che Iorio potesse convincere e portare a casa l’undicesimo consigliere per la sfiducia era troppo grande per restare indifferenti.
Durante la discussione si è sentito poco bene il marito di Aida Romagnuolo. Arrivata l’ambulanza davanti a Palazzo D’Aimmo, la consigliera di Fratelli d’Italia è salita nei suoi uffici per accertarsi delle condizioni di salute del consorte. In aula la maggioranza ha divulgato la voce, perché già successo in altre occasioni con altri attori, che fosse una messa in scena per evitare che la Romagnuolo votasse. Voce smentita al momento del voto.
Appassionante gli interventi di Niro e Cotugno. L’assessore ai lavori pubblici, che in privato dice essere sul piede di guerra con Toma per il prossimo bilancio ma ufficialmente ne è strenuo sostenitore, si è lanciato in una accorata arringa difensiva. Ha parlato di “caccia alle streghe” riferendosi alle accuse mosse da Iorio a Toma colpevole di non aver voluto ascoltare consigli sulla gestione della pandemia contribuendo a lasciare il Molise senza centro Covid. Iorio non ha risparmiato critiche anche costruttive: “L’utilizzo della formula di governo nazionale le consente di fare grandi cose per il Molise perché a Roma l’unico partito che è all’opposizione è il mio partito – afferma l’ex presidente della Regione che così allontana tutte le indiscrezioni di una cacciata dal partito della Meloni – E il mio partito non si opporrebbe mai al bene del Molise” assicura Iorio che parla sapendo che la mozione non passerà. Ed in virtù dell’assenza dei numeri in aula, glielo suggerisce senza mezzi termini: “Presidente, se anche lei è consapevole come me che, anche se la sfiducia non passa, lei non ha più i numeri per governare, per favore si dimetta”. Aida Romagnuolo ricorda il “mercato delle vacche” riferendosi alla compravendita delle cariche assessorili che ha permesso a Toma di salvarsi con la storia della Calenda. Greco parla di Toma come di “burattino e burattinaio” allo stesso tempo e annuncia “una sfiducia a settimana”. Poi si rivolge alla maggioranza accusando i componenti di essere “corresponsabili dell’omicidio di questa terra”.
Vittorino Facciolla, il segretario del Pd, parla di “mercimonio più schifoso” riferendosi alla nuova nomina assessorile pur dicendo alla Calenda “Mena, tu lo sai che io ti voglio bene”.
Alle ore 19.30 proprio la Calenda può urlare hip hip hurrà, finalmente qualcuno ha anche parlato a difesa della Calenda: Salvatore Micone ha dichiarato di essersi vergognato per come è stata trattata la neo assessora e le ha chiesto scusa a nome di tutti coloro che l’hanno offesa sui social e altrove.
Arriva con un nuovo look in Consiglio regionale la pentastellata Patrizia Manzo detta anche miss 8mila voti. Dalla chioma biondo chiaro a biondo scuro, come sempre si erge a modi da maestrina. Riprende le parole della Casellati pronunciate nel salotto di Bruno Vespa la sera prima del Consiglio soffermandosi sulla condizione della donna legata alla situazione familiare con il Covid e afferma “le donne sono quelle che hanno pagato il prezzo più alto per il Covid”. Brava Patrizia, che riprende il presidente del Senato di Forza Italia attaccando il presidente della Giunta del Molise di Forza Italia.
“A causa di questo clima, quando si cammina per strada capita che incontri qualcuno che ti evita con la macchina all’ultimo momento” denuncia Nicola Cavaliere.
Per il resto, il concetto che Toma è venuto meno ai suoi doveri di capo della Protezione Civile in questo anno di pandemia è opinione diffusa. Eccetto che per i “Vincenzi” difensori. Cotugno da un lato dice che “la sfiducia in piena pandemia è stato un atto politicamente scorretto”. Niro chiede a Toma di “perseguire tutti coloro che – attaccando la cattiva gestione del Covid in capo al governatore – danneggiano l’immagine della Regione Molise”. Dimenticando, Niro, che il suo capogruppo Di Lucente, a cui Cefaratti ha sfilato la vice presidenza, si sta facendo un processo per malversazione ai danni dello Stato per aver ricevuto fondi europei dalla Regione Molise senza averne i requisiti, e la Giunta regionale di cui pure Vincenzo Niro fa parte non ha ritenuto opportuno costituirsi parte civile per tutelare l’immagine della Regione. La differenza sta nel fatto che qui si tratta di fondi pubblici (150 mila euro), nel caso della pandemia parliamo di 450 morti in Molise in tre mesi.
Per il resto: c’è un assessore sfiduciato dal suo stesso partito, e le opposizioni parlano di infermieri di comunità durante una sfiducia senza neppure sollevare le possibili dimissioni anche di Pallante. Alle 20.26 è proprio lui che sale in cattedra. Stesso piglio del governatore, si piazza alla sinistra della Calenda che si presenta al suo esordio da assessore di nero vestita e tacchi a spillo. Di cosa parla Pallante? Dei fake. Ribatte sul fatto che Toma doveva fare il commissario ad acta della sanità. Nemmeno Toma lo ascolta più se in video Pallante si ferma e dice: “Vorrei che il presidente mi ascoltasse – per dirgli – chi ha votato me signor presidente, ha votato lei legando me e lei in maniera indissolubile”. Arriva anche la seconda difesa a Mena Calenda ricordando la permanenza nel centrodestra e rifiutando di capire, il signor Pallante, che alla Calenda i cittadini non hanno addebitato la nomina nell’esecutivo ma il ritiro della firma sulla mozione di sfiducia. Annuncia un contropiede verso chi ha firmato la mozione di sfiducia, ricorda e ribadisce lealtà al presidente e chiede le dimissioni di Iorio e Romagnuolo “ se siete coerenti”. Traspare nervosismo dall’oratoria del Quintino molisano, un nervosismo che qualche ora più tardi porterà a discutere animatamente con Greco durante l’intervento di Cavaliere che in aula dichiara: “Stanno arrivando alle mani, di là stanno arrivando alle mani”.
LA Fanelli è esterrefatta perché “oggi ho ascoltato assimilare Donato Toma a Draghi”. E siamo esterrefatti anche noi che raccontiamo. “Una sgrammaticata livorosa argomentazione del niente” è la conclusione a cui giunge Micaela Fanelli dopo aver ascoltato le difese del centrodestra puntando il dito su Di Lucente riferendosi ad appalti nella digitalizzazione di cui Di Lucente è consigliere delegato avendo grandi conflitti di interesse nel settore.
E nel bel mezzo ci sono i vari strafalcioni: Di Lucente dice di “nascondere Iorio sotto al tappeto”. Pensate come siamo arretrati, una volta ci si nascondeva la polvere. Nasconderci Iorio la vediamo un po’ dura vista la stazza. E tra il “non si è mai sentuto” di Vincenzo Niro e il “recovery fondi” di Vincenzo Cotugno, l’”Ipse dixie” di Di Baggio, la partita si è chiusa a favore della sopravvivenza di Toma.
Almeno fino alla sessione di bilancio datata aprile 2021.

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