Nelle città il numero di negozi in sede fissa è sceso del 13,2% tra il 2008 e il 2016, soprattutto nei centri storici. In controtendenza il commercio ambulante e le attività legate al turismo, soprattutto al Sud. Tra il 2008 e il 2016 il numero di negozi in sede fissa è sceso del 13,2% nelle città italiane, un fenomeno più marcato nei centri storici che in periferia (-14,9% contro -12,4%).

A diminuire sono soprattutto le librerie e i negozi di giocattoli e abbigliamento, mentre per i benzinai si può parlare di vera e propria sparizione. In controtendenza solo farmacie e i negozi di telefonia e Ict domestico. La causa? Prevalentemente i canoni di affitto più elevati rispetto a quelli delle periferie.

E’ quanto emerge dalla seconda edizione della ricerca “Demografia d’impresa nei centri storici italiani”, realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio e presentata oggi a Roma nel corso di una conferenza stampa. Lo studio – che ha preso in esame 40 Comuni italiani di medie dimensioni capoluoghi di provincia in cui risiede l‘11,6% della popolazione italiana e tredici categorie distributive – evidenzia che a fare da relativo contrappeso a questa emorragia di negozi è la crescita del numero di ambulanti, alberghi, bar e ristoranti.

I primi aumentano globalmente dell’11,3% (addirittura del 36,3% nei centri storici), mentre i secondi crescono del 10,2%. Tutto ciò avviene soprattutto nel Mezzogiorno, dove le attività legate al turismo (bar, ristoranti e alberghi) crescono del 17,8% e il commercio ambulante addirittura dell’85,6%.

Dal presidente di Confcommercio Molise, Paolo Spina il commento sui dati: “Positiva la crescita nei centri storici del settore della ristorazione, dei bar e degli alberghi a Campobasso e Isernia grazie all’impatto dell’Università e al tipo di offerta qualificata, anche rispetto ad altre realtà contermini del centro sud. Scompaiono invece le attività destinate alla cultura come le librerie: l’incapacità di spesa delle nostre famiglie, purtroppo, si riverbera innanzitutto tagliando questo tipologia di uscite.

Crollano i negozi alimentari, crescono invece negozi di nicchia legati alle nuovi fenomeni dell’alimentazione bio e a quelli legati alle eccellenze gastronomiche. Occorre comunque tenere in considerazione – dichiara Spina in proposito – l’alto tasso di mortalità che si registra nei primissimi anni di apertura delle nuove attività. Un negozio su due muore, determinando spesso uno sperpero di liquidità delle famiglie che investono le proprie buone uscite, i propri tfr in attività commerciali, per far fronte alla mancanza di lavoro dipendente.”

Sul fronte dei rimedi Spina aggiunge: “Occorre favorire il ripopolamento commerciale del centro storico e dell’area murattiana, lo diciamo da tempo. La completa assenza di politiche e di proposte da parte dell’Amministrazione comunale di Campobasso in questo campo è evidente. Non c’è programmazione, si continua a perseverare con iniziative estemporanee, spesso spot clientelari che non portano a nulla, così come solo a parole si è parlato di centro commerciale naturale.

E’ avvilente che non ci sia una proposta dell’Amministrazione, se non propiziare di licenze commerciali per la grande distribuzione, presenti in numero abnorme sul territorio a discapito delle attività di vicinato, a fronte di una domanda che vede sul territorio un invecchiamento della popolazione con limitate capacità di spesa rispetto ad una clientela composta da giovani coppie, oltre al fatto di registrare maggiori oneri a carico della collettività per quelle realtà che oggi mettono in cassa integrazione i lavoratori in eccedenza.”

Ma Spina insiste sull’apertura di un confronto con i proprietari degli immobili. “Occorre avere il coraggio per affrontare il tema della rinegoziazione e della revisione delle formule contrattuali per rendere i canoni di affitto più accessibili. La progressiva rarefazione commerciale riduce la qualità della vita dei residenti e l’appeal turistico delle nostre città. Senza i negozi nelle città c’è meno socialità, meno bellezza, più criminalità.

E’ un problema grave perché le città sono di tutti e per tutti costituiscono una risorsa di inestimabile valore. Confcommercio è una grande organizzazione che investe risorse ingenti per lo studio di questi rapporti – conclude il presidente Spina – che dovrebbero far riflettere le amministrazioni comunali. Una prerogativa, una forza, una competenza che non appartiene alle altre organizzazioni del settore.”

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