Mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso, è protagonista dello “Speciale 68”, la serie di interviste di Monica Mondo sul Sessantotto cattolico ai testimoni di una esperienza che spesso si dimentica nelle rievocazioni di quel movimento. L’intervista integrale va in onda su Tv2000 domenica 20 maggio alle 12.50 e alle 20.30.

Giancarlo Bregantini, oggi vescovo di Campobasso, è un sacerdote trentino adottato dal meridione, quello più truce dove domina la ndrangheta. Figlio di contadini, attivista nel movimento studentesco, assiste e partecipa da subito con passione alla rivoluzione prima ecclesiale, con il Concilio: sceglie di essere prete operaio, cappellano di ospedale, del carcere, poi parroco e vescovo bandiera della lotta alla criminalità calabrese, nella diocesi di Locri-Gerace.

Un uomo autorevole e attento alla sua gente, che visita di parrocchia in parrocchia con volontà di ascolto, senza negare mai una parola forte, soprattutto per chiedere giustizia e lavoro. Perché quella che sembra un’isola felce, il suo Molise, una regione così piccola, bella, pulita, con un forte senso d’identità, è comunque una terra da cui i giovani fuggono, dove bisognerebbe rinverdire la tradizione del cattolicesimo sociale che ha fatto l’Italia, per non scomparire.

I sogni del ’68 sono nati da una profondità evangelica, come lo stesso Bregantini afferma: “Questi sogni sono nati da una rilettura della Bibbia, dei profeti, e di Isaia in particolare nel capitolo 58, dove la fede si incarna dentro la liberazione degli oppressi, gli sfruttati, l’apertura del cuore ai grandi progetti che sono chiamati il Regno di Dio, una rilettura dello stile di Gesù secondo le beatitudini. Il ’68 è stato anche questo, nei nostri ambienti almeno. Alle spalle c’era una realtà che si sentiva sgretolarsi, non più attuale, un’ impostazione più di legge che di spirito evangelico. C’era il no a un passato rigido, e un’apertura a un modello nuovo di essere figli di questo tempo”.

E nelle lotte padre Giancarlo è stato anche in prima linea, costandogli l’espulsione dal seminario per una settimana. “Sono stato espulso dal seminario per una settimana per aver partecipato a queste iniziative, e sono stato costretto a fare una settimana di esercizi spirituali di supplemento in un piccolo monastero in riva al Lago di Garda”. In quei giorni la figura di Lucia dei Promessi Sposi è stata di compagnia a padre Giancarlo. “Lucia si è sentita comunque capace di puntare il dito contro l’Innominato dicendo: la carità vale più di ogni altra cosa, Dio ascolta e cambia i cuori. Al termine degli esercizi il mio animo così era più sereno, e il clima che ho trovato in seminario di solidarietà e confronto è stato molto bello”.

Ad aiutarlo a non cadere nell’estremismo, la figura di don Antonio Mazzi. “Era mio docente di religione, mi aiutò ad attraversare quei momenti evitando gli estremi della contestazione, mantenendo l’idea di una realtà da rinnovar, sì, ma con saggezza”.

“Il ’68 è diventato un desiderio di verità nella libertà, ma alla fine ha posto la libertà assoluta prima della verità. La verità va ricercata nella libertà. Un vascello ha bisogno di due forze per camminare. Della forza del vento che gonfia le vele e le lancia verso l’infinito, ma per arrivare alla meta serve il timone. La libertà è il vento, la verità il timone. Se spezzo l’uno dall’altro o la nave gira sempre, o non parte. Il punto è mettere insieme il livello educativo”.

Non solo avere dei maestri ha fatto sì che il ’68 per padre Giancarlo non prendesse vie estremiste, ma anche il lavoro come operaio è stato altamente significativo. “ Facendomi capire che c’è una classe operaia. Anche oggi ci sono gli operai, ma non sono più classe, non sono più individualizzati come realtà, e non c’è più quel senso di fierezza e di forza che era propria della classe operaia. Io entrai come un contadino che aveva perso il lavoro. Mi guardarono le mani per capire se ero davvero un contadino. E nonostante le insidie riuscivo ad essere cristiano. Cristo c’è già nel cuore delle persone, va solo riscoperto”.

Il Sessantotto cattolico su Tv2000

Nel cinquantesimo anniversario otto protagonisti intervistati da Monica Mondo per ‘Soul’

Parlano di quegli anni: il cardinale Angelo Scola, don Vinicio Albanesi, don Gino Rigoldi, mons. Giancarlo Bregantini, l’ex brigatista Armando Lanza. Francesco Alberoni, padre Fabrizio Valletti e Mario Capanna

Tv2000 racconta il Sessantotto cattolico, una esperienza che spesso si dimentica nelle rievocazioni del movimento sociale e politico nato cinquanta anni fa. Dal 28 aprile, il sabato alle ore 12.50 e 20.30 e la domenica alle 12.50 e 20.45, sull’ emittente dei vescovi va in onda un ciclo di interviste realizzate da Monica Mondo, conduttrice di ‘Soul’, che incontra otto protagonisti di quegli anni e ricostruisce come questo Sessantotto non si è esaurito ma è durato nel tempo senza nostalgie né rimpianti.

Ospiti di ‘Soul’ sono il cardinal Angelo Scola, che in quegli anni scelse di seguire don Giussani; don Vinicio Albanesi, della comunità di Capodarco; don Gino Rigoldi, cappellano del carcere minorile milanese; il vescovo Giancarlo Bregantini, pastore in quella Locride sfiancata dalla ‘ndrangheta; l’ex brigatista Armando Lanza; Francesco Alberoni, scrittore e sociologo, dal 1968 al 1970 rettore dell’Università di Trento, primo ateneo ad essere occupato in Italia; padre Fabrizio Valletti, gesuita parroco a Scampia; Mario Capanna, leader del movimento studentesco della Università Cattolica di Milano dove, non a caso, tutto è cominciato.

Sono cinquanta anni dal ‘68 ma anche cinquanta anni di ‘68. Perché quell’anno ha provocato nel nostro tempo una cesura, e una ferita, con cui la storia non ha ancora fatto pace. C’è chi ha respirato libertà, chi ha trovato ragioni ideali di impegno sociale, politico, chi si è bruciato, chi si è dato alla lotta armata. Nelle rievocazioni per i cinquanta si dimentica spesso che c’è stato un ‘68 cattolico. Perché la Chiesa era “avanti”, e il Concilio aveva già aperto tante porte e fatto entrare aria nuova.

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