di Kentucky Fried Chicken

Il centrodestra molisano ha deciso di perdere le elezioni comunali di Isernia. Lo ha deciso più o meno consapevolmente e lo ha deciso in una calda notte di agosto. Lo ha deciso Donato Toma, assieme ad Annaelsa Tartaglione, Roberto Di Baggio e a tutta la giunta regionale, nel momento in cui hanno scientemente ignorato l’accordo politico che assegnava a Fratelli d’Italia un ruolo primario nella scelta del candidato sindaco pentro. Hanno pensato, con troppa arroganza, di poter vincere da soli al primo turno, con l’obiettivo chiaro di eliminare in un sol colpo i competitor della sinistra e la coppia Di Sandro – Iorio, da sempre invisa all’attuale governo regionale nonché ai coordinamenti dei partiti (Forza Italia e Lega su tutti) che dovrebbero essere loro alleati.

Hanno dimenticato però che l’arroganza va a cavallo e torna sempre a piedi. E a piedi sono rimasti. Non perché sia mancato il sostegno di Fratelli d’Italia al ballottaggio, ma per ignoranza politico-amministrativa. Chiunque abbia masticato qualche nozione di politica e abbia militato per poche ore in un partito del centrodestra, sa che le elezioni la destra le vince al primo turno e difficilmente riesce ad affermarsi al ballottaggio. Proviamo a spiegarvi il perché.

Al primo turno, in realtà piccole come quelle molisane, gli elettori guardano alla persona e, ad Isernia, i candidati alla carica di consiglieri che al primo turno hanno sostenuto Gabriele Melogli,  avevano una forza tale da consentirgli di candidare chiunque come sindaco, poiché la trazione dell’intero carrozzone era in mano a loro. Ma se questo gioco vale al primo turno, il castello di sabbia ha un destino segnato quando su di esso si abbatte l’impeto delle onde del secondo turno. Al ballottaggio infatti i candidati consiglieri contano quanto il due di spade con la briscola a coppe. Qui conta solo la figura del sindaco e il popolo ha sonoramente bocciato Melogli che è riuscito a prendere quasi mille preferenze in meno rispetto al primo turno. Forse un apparentamento ufficiale avrebbe limitato i danni, ma per conservare alcune poltrone, qualcuno si è impegnato a che ciò non accadesse.

Stando ad ascoltare le dichiarazioni a caldo di alcuni personaggi (in cerca d’autore) di spicco del centrodestra, l’analisi della sconfitta si è limitata in un atto d’accusa nei confronti di Filoteo Di Sandro e Angelo Michele Iorio. È stata una caduta di stile indegna che dimostra la pochezza politica di taluni, senza dimenticare che è indole dei perdenti cercare un alibi nella sconfitta invece di assumersi le proprie responsabilità, quella sarebbe una caratteristica degna di un leader ma i sottoposti questo lo ignorano. Fingiamo che sia così. Fingiamo dunque che, per stessa ammissione dei fedelissimi di Toma, la sconfitta di Melogli sia imputabile a Fratelli d’Italia.

Se così fosse, per stessa ammissione della coalizione capeggiata da Donato Toma, Fratelli d’Italia sarebbe riuscita a far restare a casa circa 1500 votati, ad aver aumentato il consenso su Castrataro di 1200 voti togliendone contestualmente 900 a Melogli. Totale 2700 voti. Per un partito che ne ha presi 1000 al primo turno. Possibile? No, è solo una scusa.

Secondo noi è andata in un altro modo. Fratelli d’Italia ha sostenuto Melogli. Non con i 1000 voti del primo turno, ma l’ha sostenuto. Una parte di Fratelli d’Italia, quella vicina a Iorio, non è andata a votare al ballottaggio. È stata questa la determinante della sconfitta? No, non può esserlo. I numeri dicono altro.

E i numeri dicono che a perdere è stato Gabriele Melogli e chi lo ha imposto come sindaco. Sic et simpliciter!

Ciò ci porta a considerare che la leadership del centrodestra è da rivedere totalmente, perché inconsistente in tutto, a partire dalla capacità comunicativa che, nell’epoca dominata dai social, dovrebbe essere immediata, propositiva, culturalmente apprezzabile e sempre (e sottolineiamo sempre) rispettosa di tutti. Invece è sciatta, inadeguata, laida, scurrile, inappropriata, vecchia, superata.

Il centrodestra può decidere se morire oggi, o ripartire umilmente dalla lezione che Isernia gli ha dato.

La prima strada l’ha già iniziata a percorrere Roberto Di Baggio che ha dichiarato di essere un moderato, di scendere in campo solo per vincere (non sia mai che qualcuno tenti la difficile strada di portare avanti una programmazione credibile) e che, in sostanza, è pronto a risaltare la barricata per tornare a ‘casa’ portando in dote due liste civiche e alcuni dei candidati di Forza Italia. Dichiarazioni che dovrebbero portare a conseguenze dure in Regione, se lo stesso presidente Toma non ragionasse allo stesso modo. Staremo a vedere.

La seconda strada prevede invece un azzeramento totale dei vertici, dando forza alle basi dei partiti. Rifondare una intera coalizione puntando prioritariamente a recuperare l’interesse nei confronti della Politica di quel 40% di elettori che decide di non decidere, considerando l’esercizio di voto come una perdita di tempo. Ricostruire si può, ma che sia un centrodestra puro, senza ondivaghi né arrivisti. Ne avranno la forza e il coraggio?

Un primo segnale potrebbe darlo proprio Gabriele Melogli, accettando di rimanere in consiglio comunale per fare da faro nel centrodestra.

Chi ha vinto invece gongola, ma non sappiamo fino a che punto possa permetterselo essendo già iniziate le contraddizioni tipiche di un centrosinistra costruito sull’argilla. Quali? Proviamo a spiegarvelo.

La prima contraddizione è nelle parole innocenti di un bambino dagli occhi vispi e dalla spiccata intelligenza: il figlio del Sindaco Castrataro. Intervistato da una emittente locale, gli viene chiesto se era contento di essere a Isernia, nella semplicità e onestà della risposta di un bambino si svela il tetro futuro della città “Isernia mi piace, torneremo a Natale”. Quindi il Sindaco abbandonerà la famiglia per dedicarsi a Isernia? Oppure lascerà che questo compito sia svolto dal vice-sindaco? E chi sarà il vice-sindaco? Qui la seconda palese contraddizione.

Il Sindaco in campagna elettorale ha parlato di giunta ‘tecnica’, che in gergo politico ha un univoco significato: giunta degli esperti, con delle competenze e capacità ben riconosciute. Leggendo i curricula degli eletti del centrosinistra, non emergono particolari competenze tecniche, eppure il Sindaco Castrataro ha già corretto il tiro parlando di premiare i primi eletti. La neve si scioglie ed emerge lo schifo che aveva celato.

Facciamo quindi ora un gioco e proviamo ad immaginare la futura giunta di centrosinistra che potrebbe partire a sette.

Saranno accontentati tutti gli schieramenti.

Il Sindaco (che nel gioco dei ruoli vale doppio) è in quota a Isernia Futura che pertanto otterrà ‘solo’ due assessorati (Scarabeo e Iannone) con Domenico Di Baggio candidato a ricoprire la carica di Presidente del Consiglio Comunale, almeno per la prima metà del mandato. Cinque caselle dunque per la civica del Sindaco.

A seguire c’è il Partito Democratico con altri due assessorati (D’Achille e Bontempo), Volt con un ruolo in giunta (Vinci), così come il Movimento 5 Stelle (Barone, o più probabilmente Bottiglieri che però tecnicamente sarebbe un esterno) e Isernia Verde e Solidale (Ferri).

Chi sarà il vicesindaco? Dovrebbe spettare a Federica Vinci questo ruolo, essendo per distacco la prima eletta. Azzardiamo però che il ruolo di Sindaco ombra andrà a Maria Teresa D’Achille, di fatto quindi resterà sempre in casa Colella.

Ma torniamo alle competenze tecniche della giunta.

Francesca Scarabeo è un medico, anzi è un medico molto bravo e competente. Ma la salute pubblica è una competenza diretta del Sindaco, e non può essere demandata a nessun altro. Quindi in base alle competenze ‘tecniche’, quali deleghe potrebbero essere assegnate a Scarabeo?

Angelo Iannone è laureato in giurisprudenza (abilitato come avvocato dal 2004) e lavora come funzionario presso l’Agenzia delle Entrate. È abilitato alla funzione di revisore delle società cooperative dal 2014. ipotizziamo per lui le deleghe al bilancio.

Maria Teresa D’Achille è laureata in lingue, ed è docente di lingue in un Istituto Secondario d’Istruzione Superiore. Vista la competenza immaginiamo una delega all’istruzione.

Ovidio Bontempo è un avvocato, per competenza potrebbe occuparsi del contenzioso.

Federica Vinci ha un curriculum formativo di tutto rispetto, ma senza alcuna esperienza lavorativa. Probabile assessore ai bandi europei ed ai gemellaggi, ma dobbiamo sforzarci molto per individuarne le ‘competenze’.

Elvira Barone è dirigente presso l’ARPA Molise e potrebbe ottenere la delega all’Ambiente. L’alternativa è Mino Bottiglieri, laureato in economia lavora presso l’azienda di famiglia, per lui la delega più consona potrebbe essere il SUAP.

Sara Ferri ha la maturità classica e una ampia esperienza nel sociale. Per lei la delega alle politiche sociali appare scontata.

Basandoci sulle sole ‘competenze tecniche’, non abbiamo individuato nessuno il cui curriculum possa fargli ambire a gestire assessorati importanti come quello relativo ai Lavori pubblici, allo sport, al turismo e alla cultura. Li terrà il sindaco per sé? O forse abbandonerà anche il percorso virtuoso delle competenze tecniche per accontentare gli eletti? Ne riparleremo tra qualche giorno.

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