Se ne parla ormai da giorni e il vocio sembra sempre più diffuso anche tra gli addetti ai lavori della sanità. Sembrerebbe che a Roma ci siano forti pressioni su Giorgia Meloni per rimuovere Donato Toma e il suo braccio destro Giacomo Papa dal ruolo rispettivamente di commissario ad acta alla sanità e sub commissario.

I danni che il duo stanno arrecando alla sanità molisana sembrano peggiori di quanto abbia fatto Frattura durante la sua legislatura.

I molisani non sanno più dove curarsi. In Molise non esiste un ospedale pubblico che funzioni, non c’è una rete per le patologie tempo dipendenti. Chiudono i servizi a Isernia e Termoli, il Cardarelli di Campobasso (unico centro hub) continua ad essere ospedale Covid. Il Molise è l’unica regione d’Italia a non avere n centro Covid dedicato perché la famosa torre – su cui puntava Toma con il suo vice alla pandemia Quintino Pallante – non è stata ancora realizzata.

Gli assessori regionali tacciono impauriti della reazione dei molisani che, non potendo ormai più curarsi da nessuna parte, potrebbero insorgere con manifestazioni di protesta che rischiano di coinvolgere anche gli assessori. Componenti dell’esecutivo che, si racconta, non hanno affatto gradito le iniziative di Toma in campo sanitario. L’unico di cui non si hanno notizie è l’assessore Pallante che, si dice, è ancora convalescente per una operazione al ginocchio che sembra abbia effettuato fuori regione. Così la domanda sorge spontanea: se è vero che l’alter ego di Toma si sia operato fuori regione allora coloro che hanno il potere di indirizzare le scelte politiche sulla programmazione sanitaria non si fidano a subire interventi in Molise?

Intanto nel centrodestra l’epicentro del terremoto è spostato nella capitale.

La palla passa nelle mani del presidente del Consiglio dei ministri: se si vuole salvare la coalizione e soprattutto se si vuole salvare il Molise si deve togliere il giocattolo decisionale dalle mani di Donato Toma e di Giacomo Papa. In fondo, se sulla questione è intervenuto un politico di razza quale Cirino Pomicino, vuol dire che ormai la situazione è esplosa.

Resta da vedere se a livello locale i consiglieri regionali trovano il coraggio di mandare a casa Toma anche come presidente di Regione. Impresa ardua visto che gli assessori non voterebbero la sfiducia altrimenti sarebbero rimossi dalla giunta, Di Lucente sta gestendo a sua discrezione il settore della digitalizzazione e quindi darebbe piena fiducia a Toma. E poi ci sarebbero i grillini che, stando a quanto si legge sui social, supportano l’operato del presidente commissario incitandolo ad andare avanti sulla strada intrapresa nel settore della sanità.

Si potrebbe arrivare alla situazione paradossale che 5 consiglieri su 13 della maggioranza prenderebbero un provvedimento per sfiduciare Toma con i grillini che lo salverebbero in aula.

red.pol.

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